È notizia recente l'arrivo in streaming su Netflix dei film dello Studio Ghibli, l'apprezzato studio d'animazione fondato da Hayao Miyazaki e Isao Takahata e diventato col tempo uno dei fiori all'occhiello dell'industria animata giapponese. Ma se per più di una generazione di appassionati i film di Miyazaki e Takahata sono ormai classici intramontabili, da vedere e rivedere, ci siamo resi conto col recente annuncio di quanti siano gli spettatori, specialmente tra i più giovani, che ancora non hanno avuto occasione di vedere uno o più di questi titoli. 
Abbiamo quindi deciso di portarvi una panoramica di alcuni dei titoli più famosi e apprezzati dello studio in concomitanza alla graduale distribuzione dei film su Netflix. Oggi parliamo di uno quei titoli pensati principalmente per un pubblico di bambini, ma non per questo meno apprezzabile dagli adulti.
 
Studio Ghibli

Ponyo sulla scogliera è il nono lungometraggio scritto e diretto dall'impeccabile Hayao Miyazaki per lo Studio Ghibli. Il film, del 2008, partecipa in anteprima alla 65ª Mostra del Cinema di Venezia e finisce nelle sale italiane un anno dopo, ottenendo un discreto successo. Molti l'hanno considerato come una sorta di rilettura de La sirenetta, ma la comunanza tra le due opere è ben poca, dato che Ponyo è strettamente legato alla tradizione nipponica e impregnato della simbologia dei suoi culti e mitologie. Non è infatti un caso che questo gioiello dell'animazione sia stato sottovalutato o preso troppo 'alla leggera', in vista di un'apparente discrezione di contenuti e di messaggi, che invece sussistono come nei precedenti lavori del regista di Tokyo.
 
Locandine giapponesi di Ponyo

A differenziarsi però dai fasti de Il castello errante di Howl o de La città incantata, è innanzitutto lo stile grafico di questo film, che oserei indicare tra i più riusciti della storia Ghibli, e che si lega a quella sorta di inversione e ritorno al sentimento e all'espressione artistica più umili dei primi tempi: si recupera la dolcezza di Tonari no Totoro, s'abbandonano l'eleganza sfarzosa e il clima romanzesco di Howl, per ritornare a fantasticare come fanciulli sul mondo circostante, che è fatto di colori pastello, di tratti tondeggianti e di figure in continuo mutamento, amalgamate in un vortice immaginifico di poesia che è animato da circa 170.000 disegni a matita, e che germoglia in tutto il suo splendore nelle sequenze a sfondo marino. Tra queste, indimenticabile è la scena del mare in tempesta, che prende letteralmente vita diramandosi in centinaia di pesci dalla forma acquatica, manifestando la spaventosa potenza della natura, che tuttavia mai s'azzarda a smarrire la via del 'fantastico', e che dunque si attiene alla rappresentazione trasfigurata dalla visione utopistica del bambino: un mare che in parte si mostra minaccioso e temibile, e in parte come una nuova avventurosa sfida, un nuovo fantastico divertimento al quale anche gli adulti vogliono partecipare - vedasi la sfrenata corsa in auto della noncurante madre di Sousuke, a scanso delle onde che quasi sembrano travolgerli da un momento all'altro.
 

Ci si ricorda però che quella natura, così apparentemente ostica, è la culla e la migliore amica dell'uomo. Ma solo una regressione allo stadio infantile può permettere all'uomo di cogliere con piena sensibilità il valore del rispetto per la natura. Ed ecco che dunque, ancora una volta, troviamo un ragazzino come protagonista, Sousuke, di cinque anni, probabilmente il più giovane dei personaggi del panorama miyazakiano, dopo Mei, una delle due sorelline di Tonari no Totoro.
Particolarmente intraprendente e altruista, è proprio in riva a quello sconfinato mare che farà amicizia con una pesciolina dal volto umano, Brunilde, che egli battezzerà Ponyo. Quest'esserino è in realtà un'entità divina, figlia della dea del mare e di Fujimoto, una sorta di stregone che ha intenzione di rinnovare la vita di tutti gli esseri viventi - non è pertanto un antagonista con intenti 'distruttivi', come potrebbe inizialmente sembrare.
 
Uno degli splendidi sfondi a pastello di Ponyo

L'incontro con il bambino costituirà per Ponyo la prima fase di trasformazione e di riconoscimento di se stessa in una nuova forma, quella umana, che potrà completarsi soltanto quando un altro umano l'avrà accettata come tale. Questo percorso di nuova identificazione occupa il posto centrale nella trama dell'opera, che è ovviamente corredata di altri messaggi, come quelli - immancabili - d'impronta ecologista, familiare, e, come già accennato, di profondi riferimenti simbolici, che donano alla pellicola uno spessore di cui molti hanno denunciato la mancanza: ad esempio, l'inondazione sta a indicare il rinnovamento di tutte le forme d'esistenza (pianeggiato inizialmente da Fujimoto), la schiuma marina è inoltre la fonte di tutta la vita; la magia è un elemento prettamente divino, la speranza è invece parte dell'essere umani - Ponyo non può impiegarla quando è una bambina, e in una splendida scena si limita infatti a porgere la mano all'amico facendogli coraggio, dicendogli quindi di avere speranza.
 
 
Ponyo sulla scogliera è un prodotto a mio avviso fondamentale della storia dello Studio Ghibli, che sfiora Il mio vicino Totoro in quanto a genuinità e delicatezza di argomenti. Il recupero della proiezione infantile del mondo è reso di nuovo possibile dalla proposizione di una sceneggiatura semplice ma particolarmente emozionante e da un comparto tecnico che fa del suo punto di forza l'eliminazione delle tecniche digitali in favore di uno stile "fumettoso" e bucolico. L'esperienza visiva che ne consegue è decisamente meravigliosa.
Il titolo segna inoltre il ritorno di un Hisaishi molto ispirato, con composizioni musicali di tutto rispetto, che in certi punti ricordano Wagner (in realtà la storia stessa prende alcuni spunti proprio da La valchiria).