Hime ha appena compiuto 18 anni. Le arriva una lettera con una mappa e una chiave. Si reca sul posto, stranamente familiare, e scopre che suo padre per tutta la sua vita le ha nascosto un segreto: lui in realtà è un mangaka.

C’è qualcosa di strano nell’aria, una forte malinconia e tanta paura, ma subito dopo rivediamo Hime a soli 10 anni, suo padre che cerca di mantenere il segreto e tante risate, tanta dolcezza. Ritorna, però, quella forte malinconia di fondo in ogni episodio, con quella realtà differente, così distante non solo nel tempo ma anche nei toni: cambia la musica, cambiano gli umori e lei è nuovamente sola.

Che fine hanno fatto quei giorni tranquilli?
 
kakushigoto

Kakushigoto è la trasposizione curata da Ajia-dō, in 12 episodi, dell’omonimo manga edito da Kodansha di Kōji Kumeta, appena conclusosi in patria con il 12° volume. Ricordiamo che Kumeta è l’apprezzatissimo autore di Sayonara Zetsubou-sensei, una serie ormai diventata culto anche grazie all’eccellente lavoro di Shaft nell’adattamento anime.

Il Peso dei Manga
 
Sarà l’anime a dirvelo in modo più chiaro di quanto potrei mai farlo io: fare il mangaka non è semplice ma essere un padre è decisamente ancora più difficile.

Kakushi Gotō è un padre amorevole che cresce da solo la figlia Hime Gotō, una bambina tanto dolce e carina quanto ingenua. Kakushi, dal momento della nascita di Hime, è diventato ossessionato dall’idea che sua figlia non dovrà mai, assolutamente mai, scoprire che lui è un mangaka! Per quale motivo? Perché i suoi sono gag manga pregni di “shimoneta”, ovvero i classici giochi di parole giapponesi, dove cambiando una sillaba o collegandola con un’altra parola formi una parola totalmente nuova, spesso sconcia.

Eppure, il protagonista è un mangaka non più popolare come in passato ma che ha una serie che va avanti in modo piuttosto tranquillo e che può vantare un buon seguito di fan. Certo, le sue opere possono risultare controverse, come il suo manga più celebre Kintamashi-mashi (Balls of Fury) o la sua opera attuale, Kaze no Tights (Tights in the Wind), opere demenziali con un livello di umorismo abbastanza basso ma che divertono migliaia di persone di tutte le età. Possiamo ammirare in prima persona la passione che l'uomo mette nel suo lavoro, la minuzia con la quale cerca di creare al meglio ogni singolo capitolo nonostante i paletti della casa editrice, le censure, le scadenze e un editor non proprio perfetto. Questo, però, non è abbastanza: il peso dei manga è troppo grande e lui si sente in dovere di nascondere proprio a Hime, la persona che più ama, la sua vera identità, facendole invece credere di andare ogni mattina in un normale ufficio come un bravo salaryman.
 
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Non è un’opera che vuole essere una presa di posizione, positiva o negativa, nei confronti del ruolo del mangaka e di quel che c’è attorno alla professione, infatti critiche e soddisfazioni sono presenti in egual misura. Viene offerta una visione realistica e matura del mondo, che si cela anche negli eventi più assurdi e al limite dell’incredulità ma che si traducono puntualmente in sensazioni familiari. Tutta la serie si poggia sull'equilibrio tra razionalità e irrazionalità, non disdegnando mai l’esagerazione ma guidandoci verso conclusioni logiche, che ci appagano e che donano calore.

Tra “mango” (crasi tra mangaka e bungou, un maestro letterario, un fumettista elevato ad artista), “virtuosi” e feste scadenti realizzate da Kodansha entriamo nella routine di Gotō-sensei, con tutte le sue nevrosi e le sue fisime. Tutti passaggi esaltati da una comicità di altissimo livello ma che, allo stesso tempo, non indebolisce il messaggio dell’opera: lo spettatore non è portato a dubitare che il tutto sia un ritratto perlopiù fedele della vita del mangaka. Anche fuori dal suo lavoro il nostro Kakushi è un uomo divertente, dolce e serio, che si ritrova a sua insaputa protagonista di un harem, facendo innamorare con la sua delicatezza e la purezza dei suoi sentimenti le diverse donne alle quali chiede aiuto nel badare a Hime. Tra le pretendenti la mia preferenza va verso la maestra Ichiko Rokujō, una grande fan dei lavori del sensei che tiene d’occhio Hime e lo aiuta a mantenere il suo segreto.

Non c’è spazio per una storia d’amore per Kakushi, il suo cuore è colmo d’amore solo per la figlia e per colei che incessantemente riempie i suoi ricordi.
 
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La Principessa dei Segreti

Più bello e puro dell’amore di una figlia cosa c’è? Noi già sappiamo che una diciottenne Hime scoprirà il segreto del padre. Non sappiamo però perché, com'è stato possibile e se qualcosa di ben più tragico sia successo. Possiamo, quindi, asserire senza problemi che il padre riuscirà a mantenere il segreto per tutta la durata della serie, soprattutto perché Hime si fida così tanto di lui che non si renderebbe conto di nulla nemmeno di fronte alla più palese delle prove sulla sua doppia vita.

Non è un segreto come faccia questa storia a essere così speciale. È il suo riuscire a sorprendere lo spettatore, fargli provare una vastissima gamma di emozioni capaci di elevare questo anime oltre la mera commedia slice of life o il classico dramma familiare. Lo spettatore non può fare altro che vivere ogni istante con tutto se stesso, ben conscio che verrà abbracciato ma senza sapere quando quella stretta lo lascerà, e in quali condizioni.

La struttura narrativa di ogni episodio arricchisce la vicenda tramite l’utilizzo di flashforward (il più delle volte verso la fine) ambientati nell'esatto momento in cui Hime scopre l’identità del padre: i toni cambiano, la musica diventa più triste e del mangaka non c’è alcuna traccia. Sensazioni che vengono amplificate anche dall'eccellente opening “Chiisana Hibi” dei flumpool che ci trasmette la malinconica dolcezza della serie, così come dall’ending “Kimi wa Tenneniro” di Eiichi Otaki, una canzone del 1981 che, anche grazie al suo stile city pop, conclude ogni episodio alla perfezione, sublimando quella dolce malinconia che è forse la vera essenza della serie.

Cosa sia davvero successo è un segreto che Hime conosce ma che viene nascosto a noi: i ruoli si scambiano e rendono lo spettatore parte del gioco, ampliando l'immersività che questa opera sa offrire. L’opera si tiene in piedi grazie al rapporto padre e figlia, un duo bellissimo che si adagia nel nostro cuore con gentilezza e delicatezza, però l’elemento corale è quel che dà un ulteriore punto di forza a un anime che sotto ogni aspetto riesce solo a sorprendere.
 
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Se la vita dei mangaka è difficile è probabilmente colpa di tutti i Tomaruin che stanno in circolazione; lui è il nuovo editor di Kaze no Tights, l’uomo che odi così tanto che alla fine lo apprezzi pure: svogliato, egoista e pieno di sé… in un modo o nell’altro a volte ne combina qualcuna giusta, certo... ma se non fosse per la bellissima e divina Rasuna, una degli assistenti di Kakushi, chissà quanti altri danni combinerebbe. Tutta la squadra di Kakushi è degna di nota: oltre la stessa Rasuna c’è Aogu (il capo degli assistenti, un veterano), Ami, addetta perlopiù all'inchiostrazione e anche lei molto simpatica e con delle idee molto chiare sul mondo del manga e, infine, Keshi, l’ultimissimo arrivato e bravo solo a fare cancellature. Insieme sono una squadra affiatata e che, nonostante i sabotaggi inconsapevoli di Tomaruin, riesce sì a portare avanti il manga, ma anche ad aiutare Kakushi nel crescere Hime. Come detto ci sono varie pretendenti di Kakushi, così come hanno un ruolo importante le compagne di classe di Hime, con le quali la bambina forma la Meguro River Detective Agency, creando più trambusti che altro. Lo stesso Kumeta appare in un brevissimo cameo, lo avete riconosciuto?

Questa coralità aiuta a sopperire alla palese assenza di questa serie: la madre. Hime è irresistibile e divertente anche perché ha un suo personalissimo modo di vedere la vita, come se si estraniasse dalla realtà per poi ricrearla a suo piacimento. La piccola principessa sente a livello inconscio questa mancanza; seppur non ricordi nulla di lei, una parte di sé sa che quel focolare domestico è in realtà troppo grande per sole due persone. È solo una bambina troppo piccola per processare sentimenti troppo complessi, trovando rifugio in un meccanismo di autodifesa psicologico che le permette di vivere con serenità la sua infanzia.

Poter contare su tante persone può essere importante quando cresci da solo una bambina o quando ti manca una figura materna, ma quando il giorno finisce e sei pronto per andare a letto, ben sai che l’unica cosa che conta davvero è stare accanto a chi ami.
 
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Zetsuboushita!! Shimoneta!!
 
Dell’anno in corso ricorderemo diversi avvenimenti spiacevoli; se tutt'ora non possiamo asserire di poter vivere con tranquillità, questa storia riesce invece a donare quel sorriso di cui si ha un disperato bisogno. Mi permetto di dilungarmi sullo stesso Kumeta che, in un video per Funimation disponibile qui, consiglia quest’anime per ritrovare la serenità in un periodo così delicato (e anche per vedere qualcosa di diverso da Demon Slayer, continuo a citare lui eh).

I mangaka comici devono essere divertenti, devono essere assurdi, devono essere fuori dagli schemi. Lo sa Kumeta e lo sa Kakushi, che da quando è padre vive con immenso imbarazzo lo stesso ruolo che in passato assumeva con spavalderia mostrandosi, addirittura, nudo nelle alette anteriori dei suoi manga, rendendosi lui stesso quel personaggio dal quale oramai fugge (lo stesso autore si è mostrato nudo in foto pubbliche, nel caso aveste dubbi trovate l’immagine in galleria). Una serie che cela più segreti di quanti possiate immaginare, alcuni ben nascosti e altri palesi.

Kumeta ha sempre amato giocare coi nomi: il nome dell’opera e dei protagonisti vengono spiegati subito, ma gli altri? Tomaruin, ad esempio, è “tomaru” (fermare) e “insatsuki” (macchina da stampa, ovvero un editor che deve bloccare le stampe), Kakei Ami viene da “amikake”, ovvero le aree nelle tavole da inchiostrare, Sumita Rasuna viene da “sumi tarasu na” ovvero “non versare l’inchiostro!”, la bella idol Senda Naru vuol dire letteralmente “diventerò la center” (il ruolo più ambito in un gruppo idol), eccetera eccetera. Le amiche di Hime sono tutte dei chiari riferimenti a Sayonara Zetsubou-sensei, con Silvia che è uguale ad Abiru, Hina a Hitou Nami, Kitsuchi Riko a Kitsu Chiri. L’anime di Zetsubou-sensei viene anche citato come esempio di opera che ha spinto il proprio mangaka a migliorarsi grazie agli standard elevati della trasposizione, in più entrambi i protagonisti hanno lo stesso grandissimo seiyuu: Hiroshi Kamiya. Nel 2007 non era celebre come ora ma il suo lavoro magistrale nell'interpretare il professore oppresso dal mondo è stato replicato con grande maestria e quest’anime (o entrambi) non sarebbe stato lo stesso senza il suo lavoro perfetto.
 
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Kakushigoto tocca ogni corda dell’animo umano rimanendo fedele a uno stile artistico lontano dai canoni mainstream, ma al contrario di Sayonara Zetsubou-sensei risulta un’opera di più facile fruizione. L’autore riesce da sempre a sublimare l’essenziale come pochi: il suo tratto è uno dei più riconoscibili e apprezzabili, i suoi personaggi prendono vita anche tramite un semplice dettaglio o gesto. Non si sente la necessità di vedere di più di quel che ci offre, loro sono accattivanti e perfetti così; uno stile che risulta moderno anche dopo 15 anni, se non ancora più oggi che in passato.

L’unico difetto da segnalare è che gli ultimissimi episodi danno l’impressione di esser stati velocizzati per concludere il tutto con un solo cour… ma non insultate subito gli studi d’animazione come è ormai comune fare, è stato infatti lo stesso Kumeta a chiedere questo trattamento: “Sono stufo delle storie che vanno avanti per 3, 4, 5 stagioni, volevo qualcosa che fosse semplice e che si concludesse con la prima stagione”. L’anime si è concluso prima dell’uscita dell’ultimo volume, ma lui stesso ha detto di fregarsene altamente e che fosse meglio vedere l’anime, che tanto era fatto meglio.

Non so se davvero l’anime sia migliore del manga, spero un giorno di prendere una decisione dopo aver letto legalmente il manga in italiano, ma quel che so è che queste frasi riflettono alla perfezione l’animo del protagonista che si conferma tanto simile all'autore. Un uomo che non riesce a giudicare il suo lavoro come "abbastanza", sentendo quel peso dei manga piombargli addosso. In galleria trovate una scan con le “10 regole del come comportarsi con un mangaka” ad opera di Kakushi, non credo però che ci siano dubbi su quanto riflettano più o meno il pensiero dello stesso Kumeta.

Kakushigoto è il segreto più dolce che ci sia. Se volete una frase conclusiva di maggior effetto vi svelo un segreto: leggete le prime due parole sotto ognuno dei tre titoli.
 
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