Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Turn A Gundam e Zetsuen no Tempest: The Civilization Blaster ed il manga Sanctuary.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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8.0/10
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Il rapporto di Tomino con "Gundam" non è mai stato idilliaco: in molte interviste il maestro ha ammesso di essere stato molto frustrato dalle pressioni della produzione e alienato dall'infinito franchise associato al titolo. Nel 1999, per celebrare il ventennio della saga, la Sunrise lasciò a Tomino piena libertà espressiva e un budget considerevole, permettendo la realizzazione del "Gundam definitivo", che avrebbe concluso la saga secondo la volontà del suo autore. Nasceva così "Turn A Gundam", che vantava uno staff prestigiosissimo, tra cui spiccavano Yoko Kanno alle musiche e Syd Mead ("Blade Runner") al mecha design.

Con questo titolo Tomino fa definitivamente la pace con la sua creatura: "Turn A" è pieno di citazioni e di omaggi a tutti i "Gundam" precedenti. Anche la trama si ispira a un'opera tominiana del passato, "Xabungle", una delle prime parodie del genere robotico insieme a "Daitarn 3". Infatti, inizialmente, "Turn A" sembra proprio una parodia di "Gundam" tout court: il robot che dà il nome alla serie non possiede fucili laser, ma solamente un'enorme palla di ferro con la catena; finisce quasi sempre per fare a botte con i mecha nemici, viene utilizzato per trasportare le mucche, come stendibiancheria, per lavare i panni e per altre degradanti mansioni casarecce. Con molta disinvoltura il robot viene chiamato "baffo bianco", per via dei suoi buffi baffoni a manubrio, oppure "bambola bianca"(!). Il protagonista della serie, Loran, non ha neanche un briciolo della virilità dei vari Amuro, Kamille e Judau, tant'è che in una particolare circostanza si vestirà da donna; inutile dire che una volta scoperta la sua "mascolinità", spesso alcuni personaggi continueranno imperterriti a chiamarlo Laura!

La storia di "Turn A" è molto interessante: dopo l'avvento di una misteriosa "Età oscura", l'umanità è regredita tecnologicamente al livello dell'800. Sulla Luna è presente una civiltà ipertecnologica governata dalla regina Dianna Soreil, che decide di fare della Terra il suo nuovo spazio vitale. Loran Ceahack, fedele servitore di Dianna, viene mandato sulla Terra per controllare la situazione prima dell'invasione. Qui il nostro protagonista diventerà il servo di Kihel Heim, una ragazza di buona famiglia praticamente identica alla regina (il lettore dedurrà autonomamente che ci sarà uno scambio di persona, ecc.). Quando un attacco nemico colpirà una statua di pietra gigante, adorata in un particolare rito iniziatico a cui parteciperanno Sochie (la sorella di Kihel) e Loran, verrà accidentalmente rinvenuto il Gundam baffuto che dà il nome alla serie, di cui Loran diventerà il pilota. Inutile dire che ci sarà una lunga guerra, molteplici scontri tra fazioni accompagnati da molta politica e da molti voltafaccia; il tutto con un enorme cast di personaggi, ognuno caratterizzato abbastanza bene, tra cui spiccano un clone di Char Aznable (Harry) e un clone di Scirocco (Gym Ghingnham).

Il grande difetto di "Turn A" è il cattivo dosaggio dei tempi: le prime trentacinque puntate, quelle ambientate sulla Terra, sono troppo lente. Nonostante il comparto tecnico da dieci e lode, tra cui spiccano dei fondali mozzafiato pieni di effetti di luce, che paiono dei veri e propri quadri, le vicende sono dilatate all'inverosimile; tutto è bello da vedere, i personaggi, con i loro movimenti iperrealistici, la regia magistrale, che non ha nulla da invidiare ai classici del cinema occidentale... Tuttavia, in molte puntate, non succede praticamente nulla, o comunque succede veramente poco; negli ultimi dieci episodi, invece, il ritmo è troppo veloce: accadono tantissime cose in poco tempo: cambiamenti di fazioni, intrighi e sottointrighi politici, nuovi personaggi, misteri rivelati e non (il legame tra Kiehl e Dianna non viene affatto svelato, è impossibile che la loro assoluta somiglianza sia solamente una coincidenza). Inutile dire che l'ultima puntata ingrana la quinta e ci offre un epilogo velocissimo, che avrei preferito gustarmi in qualche puntata extra. Devo quindi abbassare il voto da dieci ad otto.

Con questo anime Yoko Kanno raggiunge il suo vertice artistico: la colonna sonora è una gioia per le orecchie, e si sposa benissimo con il perfetto utilizzo dei colori e delle animazioni, fatte a regola d'arte. Il semplice ed elegante character design di Akira Yasuda fornisce un aggiuntivo tocco di classe e di stile alla serie, rendendola una vera e propria opera d'arte, come quelle che si ammirano nei musei. Questa eleganza si osserva anche in tutte le sigle di apertura e di chiusura, in cui gli splendidi brani di Yoko Kanno si fondono con un tripudio di colori ed effetti di luce. Oltre ad essere l'ultima serie gundamica diretta da Tomino, "Turn A" è l'ultimo "Gundam" realizzato interamente con i rodovetri: inutile dire che ho apprezzato moltissimo questa scelta, non essendo un particolare estimatore della computer grafica.

In conclusione, questo è il "canto del cigno" di Tomino. Un anime deliziosamente steampunk e bucolico, da guardare con cura, senza fretta e molto amorevolmente. Nella seconda parte della serie, in cui il vero potere del "baffo bianco" verrà rivelato, le cose si faranno abbastanza interessanti e (leggermente) apocalittiche, tuttavia senza quell'incisività e quella spettacolarità che avevano reso "Ideon" e "Dunbine" dei capolavori. Siamo nella fase post "V Gundam", quindi state tranquilli che i vostri personaggi preferiti non moriranno atrocemente dopo mille sofferenze: come in "Brain Powerd", le atmosfere di "Turn A" sono molto solari e rilassate, anche se è in corso una guerra planetaria.

Questo titolo è una visione obbligatoria per tutti i fan di Gundam con parecchi titoli alle spalle e per tutti gli estimatori di Tomino in generale. Le altre persone si troveranno comunque di fronte a un anime di ottimo livello, anche se si perderanno le numerose citazioni all'universo gundamico presenti in esso.


9.0/10
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L'ennesimo esempio di come le seconde possibilità siano spesso quelle decisive. Negli ultimi anni mi sono avvicinato parecchio alle pellicole di genere "gangster", scoprendo capolavori come Il Padrino di Francis Ford Coppola e Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese. Appartenenti alla stessa categoria sono i film sulla yakuza, la mafia giapponese, il cui maestro indiscusso è il famoso e poliedrico Takeshi Kitano: eppure le sue pellicole sull'argomento non mi hanno per nulla entusiasmato (mi riferisco in particolare al cruento Outrage, al tedioso Sonatine e al poco più riuscito Hana-bi - Fiori di fuoco). In relazione a ciò, il primo approccio con il manga di cui scrivo stasera è stato piuttosto negativo: se da un lato ero stato attratto dallo strabiliante comparto grafico, dall'altro lato non sono rimasto per nulla soddisfatto della storia e dei personaggi, motivo per cui l'ho mollato nel giro di qualche pagina. E allora come mai adesso, a una seconda e stavolta completa lettura, mi trovo a dare a Sanctuary una valutazione personale così alta? Semplice: per il fatto che l'opera confezionata per noi dal duo Buronson - Ryōichi Ikegami, il primo già sceneggiatore di Ken il Guerriero e il secondo un disegnatore coi fiocchi che ha collaborato persino con il grande Kazuo Koike di Lone Wolf & Cub, non è una banale "yakuza story", ma è decisamente qualcosa di più. Ne riassumo brevemente la trama.

Sul finire degli Anni Settanta, due ragazzini giapponesi hanno visto l'inferno in Cambogia: essi sono infatti sopravvissuti al massacro realmente accaduto (e purtroppo ignoto ai più) di quasi un milione e mezzo di persone su iniziativa di Pol Pot, uno dei più crudeli dittatori che la storia ricordi. Una volta rientrati nel loro paese d'origine, Akira Hōjō e Chiaki Asami si sono dati da fare e hanno raggiunto posizioni piuttosto elevate nella società nipponica, sebbene in totale antitesi tra loro: il primo è diventato un boss della yakuza famoso per i suoi modi da gentleman, mentre il secondo è ora un brillante e promettente politico. I due ragazzi hanno un progetto a dir poco ambizioso: cambiare per sempre la faccia del Giappone a partire dalle sue fondamenta sociali celando, allo stesso tempo, l'intesa che lega l'uno all'altro a tutti i loro avversari, mafiosi marci o politici corrotti che siano. Naturalmente l'impresa è lungi dall'essere semplice: tra gli interventi dell'avvenente commissaria Kyoko Ishihara e le ingerenze del capo della polizia, le contromosse politiche dell'invincibile segretario Isaoka, le opposizioni più o meno violente di vari gruppi di malavitosi (compresa la mafia cinese e la Organizacija russa) e infine le battaglie a colpi di leggi, elezioni e inghippi finanziari ed economici, la strada verso il "Santuario" menzionato nel titolo è irta di difficoltà e pericoli. Tuttavia, Hōjō e Asami non hanno intenzione di demordere, anche a costo di mettere a rischio la propria vita...

Sebbene in Sanctuary sia presente la sequela di sparatorie, omicidi e vari regolamenti di conti che per ovvi motivi caratterizzano il genere, in realtà c'è anche tanto altro: sesso (presentato in situazioni romantiche o divertenti e al limite dell'assurdo, a seconda dei casi), intrighi politici, coraggio, lealtà, suspense, economia, storia e grandi ideali. Siamo di fronte a un manga completo sotto ogni di vista, sia per quanto riguarda la trama che i personaggi e il disegno. L'intreccio narrativo migliora volume dopo volume, diventando sempre più avvincente e ricco di colpi di scena fino alle ultime emozionanti pagine, nel tipico stile con cui Buronson ha abituato i suoi lettori; i personaggi sono tantissimi e sebbene quelli principali risaltino maggiormente rispetto agli altri per le loro peculiarità (Hōjō e i suoi metodi atipici, la forza di volontà di Asami, Isaoka e i suoi sotterfugi senza fine, la sregolatezza di Tokai - con menzione particolare alle sue indimenticabili "avventure erotiche" tra un letto d'albergo e la toilette o il ristorante di turno) anche le figure secondarie restano impresse nella memoria del lettore (l'onorevole Sakura e le sue perversioni, l'affarista americana Bisset, il mafioso russo dagli occhi di ghiaccio Sorokov, giusto per citarne alcuni); d'altra parte, sono rimasto sbalordito dal character design realistico di Ikegami. Praticamente ogni tavola è da ammirare per la ricercatezza dei dettagli e per le soluzioni visive approntate dall'autore, il quale, grazie a un sapiente utilizzo delle ombreggiature, modella i visi e i corpi dei suoi personaggi conferendo loro una straordinaria plasticità. Per quanto riguarda l'edizione italiana a cura della Star Comics e pubblicata in dodici tankōbon, non ho critiche di sorta da avanzare, eccezion fatta per le tavole ribaltate all'occidentale: a seconda dei propri gusti personali, ciò potrebbe risultare gradevole o provocare fastidio (come nel mio caso), ma si tratta di un problema non particolarmente rilevante dal momento che l'opera in questione non ne risulta affatto danneggiata. Tirando le somme, Sanctuary ha rappresentato una piacevole sorpresa per me; ne consiglio caldamente la lettura agli appassionati di gangster e politica e soprattutto a chi cerca una storia matura e improntata sul realismo che però sia anche intrattenimento allo stato puro.


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Già dal titolo, Zetsuen no Tempest lascia intendere quanto importanti siano al suo interno gli influssi dell'opera teatrale di Shakespeare: non soltanto le citazioni da La Tempesta e Amleto abbondano nel corso dei ventiquattro episodi, ma le vicende stesse dei protagonisti sono ispirate ai lavori del Bardo dell'Avon e ricorrono spesso lunghi monologhi di stampo teatrale.

Mahiro Fuwa, assetato di vendetta contro il misterioso assassino di sua sorella Aika Fuwa, uccisa un anno prima, entra in contatto con Hakaze Kusaribe, potentissima principessa del clan di maghi Kusaribe, esiliata su un'isola deserta dai suoi stessi seguaci che hanno intenzione di risvegliare l'Albero di Zetsuen, antagonista dell'Albero della Genesi che la principessa serve; Hakaze promette a Mahiro di aiutarlo nella sua ricerca del colpevole, in cambio dell'aiuto per liberarsi e fermare la rinascita dell'Albero di Zetsuen. Assieme a Mahiro troviamo l'altro protagonista, Yoshino Takigawa, suo amico. I due ragazzi sono così catapultati in una lotta senza quartiere per fermare Samon, il traditore del clan Kusaribe, in cui è coinvolta anche una divisione dell'esercito giapponese. La storia si dipana attraverso vari colpi di scena che riguardano tanto la vera natura dei due Alberi quanto la tragedia della morte di Aika.

Nei quattro personaggi principali si possono intravedere le caratteristiche di alcuni immortali protagonisti delle opere shakespeariane: Mahiro insegue la vendetta come Amleto e Laerte; Yoshino è spettatore del cammino verso la vendetta dell'amico come Orazio; Hakaze è simile a Prospero, il mago de La Tempesta abbandonato su un'isola deserta dal fratello traditore; Aika ha un tragico destino simile a quello di Ofelia. Quest'ultimo personaggio, pur apparendo nella serie soprattutto tramite flashback, è di importanza fondamentale perché la sua morte condiziona tutte le azioni di Mahiro e Yoshino; gli altri tre, invece, nel corso della storia crescono psicologicamente, dovendo affrontare (e superare) il proprio passato oppure i nuovi sentimenti che iniziano a provare.

Nonostante la presenza della magia, la serie non scade mai in combattimenti inutili e spettacolari fini a sé stessi. Mahiro e Yoshino, anzi, non sono affatto maghi, ma possono utilizzare la magia soltanto tramite talismani, ossia oggetti incantati da un mago del clan Kusaribe; la stessa magia dei Kusaribe, poi, è puramente difensiva e curativa, anche se più avanti nella serie apparirà una figura, il mago di Zetsuen, capace di utilizzare magia offensiva. Largo spazio è lasciato invece all'elaborazione di strategie per superare la difficoltà di turno, tanto che il famigerato scontro con Samon per salvare la principessa Hakaze si trasforma in un lungo botta-e-risposta fra il mago e i due protagonisti per dimostrare la possibilità o meno di riportare la ragazza nella loro linea temporale. Spazio ancora maggiore è dato all'approfondimento dei personaggi, del loro passato (con frequenti flashback) e dei loro sentimenti, soprattutto nella seconda parte, ingiustamente considerata inferiore alla prima solo perché meno incentrata sui combattimenti e sull'azione: vediamo così la principessa Kusaribe alle prese con la prima cotta e con le stesse inquietudini di una ragazza qualsiasi, conosciamo meglio il tipo di relazione che c'era fra Yoshino, Mahiro e Aika, ritroviamo i vecchi nemici nelle vesti di alleati e assistiamo a qualche siparietto comico gustoso. La comparsa di paradossi temporali e viaggi nel tempo, poi, ingarbuglia ulteriormente la storia costringendo lo spettatore a un ulteriore sforzo per seguire tutti i passaggi, ma per molti, compreso il sottoscritto, questa complessità è uno dei punti di forza dell'opera, perché la distinguono da altri shonen più lineari e banali; uno spettatore con meno pazienza e più voglia di azione, però, potrebbe vedere questa complessità come un difetto piuttosto che un pregio.

La realizzazione tecnica della serie si attesta su alti livelli, come avviene di solito per qualsiasi produzione dello studio Bones (che, per chi non lo sapesse, ha realizzato RahXephon, Eureka Seven e Full Metal Alchemist): le animazioni sono fluide e fanno uso della CGI nella giusta quantità, soprattutto nelle scene in cui vi sono incantesimi; il character design è gradevole; le musiche sono calzanti con le varie situazioni; belle anche le opening (soprattutto la prima, Spirit Inspiration, totalmente in inglese) e le ending.

In definitiva, Zetsuen no Tempest è uno di quegli anime consigliati a chi apprezza il genere fantastico ed è alla ricerca di qualcosa di diverso dal solito, a patto che si armi di pazienza e concentrazione per seguire una trama che però sa essere intrigante e avvincente.