La ricompensa del gatto poster.jpgC’è un isola nel sud dell’arcipelago nipponico, Aoshima, abitata quasi esclusivamente da gatti e diventata famosa meta turistica per gattari e curiosi. Alcuni mesi fa tremila persone hanno partecipato ai funerali di Tama, il gatto per quasi dieci anni capostazione di Wakayama, oggi assurto a mascotte nazionale.
Il maneki neko, il micio con la zampa alzata che fa capolino nelle vetrine dei negozi e negli ingressi di molte case giapponesi, è un oggetto molto diffuso come simbolo di benvenuto agli ospiti.
Insomma, queste piccole curiosità ci confermano che il Giappone, col suo rarefatto senso estetico e la sua cultura millenaria, riserva alla felpata, elusiva creatura, un posto di tutto rilievo e un affetto molto particolare.

Il lungometraggio La ricompensa del gatto (Neko no Ongaeshi, 2002), prodotto dallo Studio Ghibli, celebre fucina di capolavori che hanno fatto il giro del mondo (La città incantata, Una tomba per le lucciole, Il mio vicino Totoro), è solo una delle tante manifestazioni di un affinità elettiva ormai consolidata fra il paese del Sol Levante e il più sornione degli animali domestici. 

In Italia il film è stato proiettato per la prima volta durante il Future Film Festival del 2005 e distribuito nelle sale il 9 e il 10 febbraio 2016 nell'ambito della serie di eventi a tema Studio Ghibli, promossi da Lucky Red.
 
Haru è un’adolescente timida e insicura che un giorno, mentre torna da scuola, ha la prontezza e il coraggio di salvare un gatto che sta per essere investito da un grosso camion. Non è la prima volta che la ragazza salva un gatto, già da bambina aveva soccorso una gattina affamata cedendole la sua merendina. Questa volta però le cose sono diverse e il suo gesto avrà delle conseguenze inaspettate. Il felino salvato si rivela infatti il figlio del Re dei re dei gatti, sovrano di un misterioso mondo parallelo che Haru, novella Alice, scopre con somma meraviglia quando suo malgrado viene rapita e ivi trasportata. Per riconoscenza l'eccelso Re vuol far sposare Haru con il principe, ma lei è ovviamente contraria, benché si stia pian piano trasformando ella stessa in un gatto, con tanto di coda, orecchie e muso felino. Solo grazie all'aiuto del nobile ed eroico Baron, dell’irascibile Muta e del corvo Toto, Haru potrà sfuggire al matrimonio combinato e fare ritorno a casa. Oltretutto il giovane principe dei gatti si era già fidanzato, all'insaputa del genitore, proprio con la gattina bianca che Haru aveva sfamato tanto tempo prima. La mattina seguente Haru si risveglia nel suo letto: sarà stato tutto un sogno? chissà? di sicuro da quel momento in poi la ragazza acquisterà maggiore sicurezza e consapevolezza di sé.

I fan di vecchia data dello Studio Ghibli ricorderanno senz’altro il toccante capolavoro I sospiri del mio cuore (1995), unico film da regista di Yoshifumi Kondo, in cui compariva per la prima volta la scultura di un elegante gatto bipede destinata, in determinate occasioni, a prendere vita. La protagonista, Shizuku, ispirata dall’incontro con Seji, decideva allora di mettersi alla prova scrivendo un romanzo che aveva come protagonista lo stesso Baron, il misterioso gatto antropomorfo protagonista de La ricompensa del gatto. Hiroyuki Morita, esperto animatore di opere memorabili tra cui Kiki: Consegne a domicilio (1989) e La storia della principessa splendente (2013), costruisce attorno a questo personaggio una fiaba a sé stante, impiantandola in una struttura a metà tra i classici Alice nel paese delle meraviglie e Il principe schiaccianoci. Il ritmo del racconto è calibrato sapientemente, senza tempi morti o divagazioni su tematiche particolarmente impegnative. In effetti il film non ha il respiro universale e i contenuti profondi di certo cinema di Miyazaki e Takahata, punta decisamente più in basso ma riesce comunque a stupire e ad emozionare con la sua semplicità e la sua discrezione, con il suo approccio un po’ infantile che fa leva sulla comicità slapstick e sulle raffinate animazioni, frutto di quell’artigianato d’eccellenza da sempre praticato in casa Ghibli.
 
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Un punto di forza del film è la marcata caratterizzazione dei personaggi, tutti magnificamente tratteggiati. Al centro della scena c’è Haru: ci si affeziona subito alla sua condizione di vittima predestinata e ci ricorda che nessuna buona azione resta impunita! Il suo personaggio, in apparenza incolore al confronto con le eroiche protagoniste femminili di ghibliana memoria, rimanda piuttosto all'ingenuità e all’innocenza di Pinocchio nel Paese dei balocchi (con tanto di inquietante metamorfosi!), il suo è anche un viaggio allegorico sul passaggio all’età adulta e sulla ricerca di una coscienza individuale. Al suo fianco una strana coppia davvero ben assortita. Baron, alias Humbert von Gikkingen, è semplicemente il più cool; colto e raffinato dandy, sembra uscito da una tela di Balthus. Di contrasto il suo voluminoso quanto irritabile compare, Muta, alias Renaldo Moon, fa ridere ogni volta che apre la sua bocca pelosa. I due rubano letteralmente la scena spalleggiati dal corvo Toto, il gargoyle con un’anima che si ritaglia una parte importante sul finale. Completa il cast una variegata galleria di personaggi minori altrettanto caratterizzati e divertenti, su tutti il simpatico “cattivo” Re dei re dei gatti, con il suo zelo ostinato e la sua incredibile corte di tirapiedi devoti e servili.
 
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Dal punto di vista tecnico le capacità di Morita sono indiscusse, tutti i suoi personaggi sono adorabili, scritti e disegnati con grazia ed eleganza su scenari da favola animati in computer grafica. In molte scene si rimane colpiti dalle vedute dettagliate di Tokyo, al punto da poter riconoscere le singole strade. D’altro canto il Regno dei Gatti è meravigliosamente surreale in un sofisticato stile fantasy. L’uso della CGI è piuttosto discreto e l'effetto complessivo è molto simile a quello prodotto dalla tradizionale animazione in cel. L'accompagnamento musicale è leggero e capriccioso in linea con il tono da commedia del film, rimane sullo sfondo senza mai essere invadente, salvo emergere in primo piano come nella poetica sequenza della danza fra Haru e Baron su un malinconico assolo di fisarmonica a tempo di valzer.

Nato da un progetto "minore" di Hayao Miyazaki, come Porco Rosso anche La ricompensa del Gatto era stato inizialmente concepito come corto e solo in seguito promosso a lungometraggio per via del fascino dei suoi protagonisti. Il film che Morita confeziona attorno al personaggio di Baron rientra nella migliore tradizione dello Studio Ghibli. Sebbene distante dagli approfondimenti psicologici e da tematiche complesse, la pellicola riesce comunque a intrattenere egregiamente per un'ora e un quarto senza cedimenti, con un intreccio snello ma non banale, e soprattutto grazie alla forza dei personaggi che sapranno lasciare una traccia profonda nel cuore di chi si avventurerà nella visione.
 
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Hiroyuki Morita, nato 26 giugno 1964 a Fukuoka, è un regista e animatore giapponese che ha lavorato in qualità di key-animator su numerosi progetti di prima grandezza, fra i quali si possono menzionare: Akira (1988), Roujin Z (1991) Corri Melos! (1992), Memories (1995), Perfect Blue (1998), My Neighbors the Yamadas (1999), Texhnolyze (2003), Innocence (2004) e tanti altri. Da regista, oltre a La ricompensa del gatto, ha firmato anche Tenchi Forever (1999) e la serie Bokurano (2007), basata sul manga di Mohiro Kitō.