Che la serie anime abbia il più delle volte il compito di fare da grande spot pubblicitario al prodotto originale cartaceo di cui vuole essere la trasposizione è quanto di più banale e scontato un fan possa ormai sapere. Questo non vuol dire ovviamente che il prodotto animato debba essere per forza inferiore, anzi: in alcuni casi assistiamo a un miglioramento globale sfruttando il sicuro level up in termini emozionali che possono dare delle buone animazioni e una ost azzeccata. Di fronte alla seconda e ultima stagione della trasposizione animata di The Promised Neverland, uno dei successi più importanti di Shonen Jump degli ultimi anni, era quindi lecito aspettarsi almeno lo stesso livello della precedente.
 
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A curare il tutto c’è sempre il discreto studio CloverWorks che già però con la messa in onda della prima stagione, nell’inverno del 2019, aveva ricevuto non pochi appunti.
I lettori del manga avevano storto il naso sulla scelta di velocizzare alcune parti. Sul lato tecnico poi non tutte le soluzioni registiche erano risultate azzeccate ma la potenza di una storia tanto intrigante aveva mascherato in parte le magagne, specie per chi non conosceva affatto il prodotto originale e quindi si è fiondato a vedere cosa succedeva ad Emma e compagni.

Questo doveva mettere sull’avviso lo staff della seconda stagione. The Promised Neverland non era più un titolo da scoprire, in tanti si erano innamorati (come il sottoscritto) del bellissimo e misterioso tratto di Posuka Demizu, altri già avevano iniziato a lamentarsi della parte finale del manga non all’altezza, essendo quest'opera terminata all’inizio dell’estate 2020.
Ho trovato quindi interessante la mossa di proporre parti originali che, a quanto veniva detto a livello ufficiale, avevano la supervisione dello stesso sceneggiatore del manga, Kaiu Shirai. D’altronde chi ha detto che l’anime debba essere la copia carbone del suo corrispettivo cartaceo? Certe calibrate licenze a mio avviso non solo sono ammissibili ma rendono anche più interessante il prodotto a chi, da lettore, conosce già la storia.
 
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Quanto mi sbagliavo! La seconda stagione di The Promised Neverland, conclusasi pochi giorni fa, è un fiasco totale sotto quasi ogni punto di vista.
Una stagione che mina totalmente la serie stessa e che, a mio modesto parere, non ha motivo di esistere se non quella di trarre profitto dagli ignari fan della prima stagione. La trama della fuga da Grace Field risulta piuttosto velocizzata sin dall’inizio, con una ancora più marcata accelerazione verso la fine, tale da farci sentire quasi l’ansia di dover finire a forza il tutto negli 11 episodi proposti. Che questi fossero pochi per gestire la quantità di materiale cartaceo rimasto era cosa piuttosto evidente e che l’intenzione fosse quella di finire entro questa stagione era chiaro già dal primo episodio, capace di condensare 2 volumi in appena 20 minuti.

Ma la prima puntata era nulla rispetto a quanto poi siamo stati costretti a vedere. L’arco più atteso, quello di Goldy Pond, è stato completamente ignorato e saltato a piè pari come anche alcuni personaggi, piuttosto importanti, che avevano caratterizzato buona parte della storia post fuga dei ragazzi di Grace Field. Il mondo dei demoni è praticamente ridotto a un villaggio e non c'è nulla che accenni in maniera seria, se non in pochi secondi dell’ultima puntata, ai nobili e alle forze che regnano in questo mondo inventato. Una trama che in sostanza risulta essere ancor più Emmacentrica di quella del manga.

La protagonista assurge al ruolo di Prima Ballerina, quasi alla Kirito di SAO, con tanto di seguito di bambini che vanno d'accordo con qualsiasi cosa lei dica. Alzi la mano chi ricorda i nomi dei ragazzini, se si escludono quelli che avevano già avuto un ruolo nella stagione precedente? Non li ricorderete perché la loro presenza nell’anime è stata quella di rumoroso contorno, utile per far passare la protagonista come un’eroina sempre pronta al sacrificio per la sua “famiglia”.

 
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In questa seconda parte Emma schiaccia tutti, anche i suoi fidati Ray e Norman. Il primo, da freno continuo agli audaci propositi della compagna, è passato al ruolo di silente e accondiscendente guardia del corpo. Il secondo ricompare senza un minimo di sorpresa, così a caso, manco fosse stato messo lì dagli sceneggiatori di Boris, con propositi di sangue e vendetta che vengono spazzati via in neanche due minuti dopo che l’assalto ai vertici della casata nobiliare dei demoni si trasforma nell’assalto al villaggetto a caso vicino al proprio rifugio. E così via, tanti che non serve nemmeno aver letto il manga per capire che questa stagione non ha anima.


Siamo di fronte a uno dei più brutti finali di sempre? Non lo so, di certo questa seconda parte della trasposizione del manga di Shirai Kaiu e Demizu Posuka resterà come pietra di paragone per tutti i futuri adattamenti anime. Uno spauracchio difficilmente raggiungibile, almeno spero, perché stavolta si è raggiunto proprio il fondo. Se davvero la non presenza dello staff nei crediti delle ultime due puntate è dovuta ad un senso di frustrazione e di non condivisione di quanto fatto, allora l’industria anime dovrebbe iniziare a rallentare sul serio: le tempistiche ristrette, schiave di una schedule sempre più serrata, finiranno per offrirci altri prodotti altrettanto scadenti a scapito dell’effettiva qualità di chi ci sta dietro.
 
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Cosa si salva quindi? Poco, pochissimo, forse solo la bellissima ending finale ("Mahou" eseguita da Myuk e composta da EVE). Quest'ultima oltre ad essere molto delicata e veramente adatta al mood di questa parte del racconto, l'ho apprezzata anche e soprattutto per la parte animata, dal design diverso rispetto a quello dell'anime e molto accattivante. E questo lascia ancora di più l'amaro in bocca su quello che poteva essere e non è stato.