Grandi occhi furbi e curiosi, un'espressione irriverente su un viso già spruzzato di lentiggini, capelli raccolti in due stretti codini che sfidano la legge di gravità. Se all'ideale quadretto aggiungessimo una mente acuta e parlantina sciolta, più che alla giovane protagonista della pellicola "Earwig e la Strega" dello Studio Ghibli ci verrebbe da pensare a ben altre celebri eroine che l'hanno preceduta: di Pippi Calzelunghe Earwig condivide in effetti i calzini spaiati e le codine rivolte all'insù, mentre con Judy Abbott di Papà Gambalunga ha in comune il talento e la vita in un istituto per orfani.
Dopo sette anni di assenza, il ritorno al cinema delle pellicole del maestro Hayao Miyazaki e del suo staff vede stavolta il figlio Gorō (I racconti di TerramareLa collina dei papaveri, Sanzoku no Musume Ronja - Ronja la figlia del brigante) alle prese con la regia di un film interamente in 3DCG, sul cui utilizzo e sulla cui riuscita tanto la critica quanto i fan non hanno ancora cessato di dibattere ampiamente.
 


Benché si tratti di una produzione originariamente nata per la televisione, al film non sono state invero sottratte quelle difficoltà che la maggior parte delle opere destinate ai cinema si è trovata a dover affrontare nello scenario post Covid-19: così, dopo la prima proiezione sull'emittente pubblica NHK General lo scorso 30 dicembre 2020, l'arrivo sul grande schermo era previsto per Toho lo scorso 29 aprile 2021 con una versione inclusiva di alcune scene non presenti nella proiezione TV, e posticipato per pandemia al 27 agosto 2021. La medesima sorte si ha per l'uscita italiana, salvo per il fatto che la data inizialmente fissata per il 24 giugno viene rimandata da Lucky Red al 21 luglio 2021, consentendo così ai fan italiani di godere dell'opera sul grande schermo con oltre un mese di anticipo rispetto agli spettatori giapponesi.

Forse è presto per affermare che il film sancisce un definitivo punto di rottura rispetto alla poetica imaginifica e all'animazione tradizionale a mano cui le storie Ghibli ci hanno lungamente abituato; allo stesso tempo, tuttavia, l'idea di trovarsi di fronte a qualche cosa di profondamente diverso dal consueto si ricava da più elementi insiti nell'opera.
Per quanto concerne invece l'adattamento nel nostro Paese, il direttore di doppiaggio cui si è affidata stavolta Lucky Red è l'apprezzato doppiatore Massimiliano Alto, che per tale distribuzione ricordiamo aveva già curato la versione italiana di Mary e il fiore della strega dello Studio Ponoc; il suo operato e quello dell'assistente di doppiaggio Giulia Nofri, sull'accurata traduzione ai testi di Francesco Nicodemo e l'adattamento dei dialoghi di Roberta Bonuglia, restituiscono così allo spettatore un rassicurante e pregevole risultato.
 
earwig-thomas


Che la piccola Earwig abbia sangue magico in corpo lo spettatore lo scopre immediatamente, quando osserva l'intraprendente madre strega abbandonarla in fasce presso un orfanotrofio.
La vita della bambina sembra però funzionare perfettamente anche senza il ricorso a incantesimi, dal momento che presso l'istituto St. Morwald i giorni della ragazzina subito ribattezzata in un più ordinario Erica Wigg trascorrono esuberanti e sereni, grazie alla sua capacità di riuscire senza fatica a far fare ai compagni e agli adulti precisamente ciò che lei vuole.
Gli occhioni dietro i quali brilla una luce vispa paiono divenire quelli di un cucciolo smarrito e la parlantina si fa suadente e carezzevole di complimenti, ed è così che Earwig raggiunge il proprio scopo.
Nomen omen, si suole ricordare: in natura l'earwig non è altri che l'insetto 'forbicina' conosciuto anche come manipolatore, le cui pinze Erica inconsciamente riproduce nell'aspetto della forma assunta dai propri codini.
 


"Per scegliere me, dovrebbero essere delle persone insolite," confida lei un po' sprezzante al fedele compagno di scorribande soprannominato Budino, ogni volta che qualche adulto giunge all'istituto per adottare qualcuno di loro; è sicura di sé, Earwig, orgogliosamente certa che i propri giorni felici all'istituto non avranno mai fine.
La bambina non può certo sapere che la magia ritornerà preponderante nella sua vita quando la strega sotto mentite spoglie Bella Yaga e il burbero e oscuro Mandragora sceglieranno invece proprio lei per disporre di due mani in più per la preparazione di incantesimi.
Al momento del loro incontro, a dire il vero, nessuno dei tre è consapevole di aver iniziato a tracciare un sentiero che potrebbe avere conseguenze destabilizzanti.
 
"Non devi mai, per nessun motivo, disturbare Mandragora."
- Bella Yaga -
 
earwig mandragora
 
Così come già accaduto per molte delle opere che lo Studio di Mitaka ha selezionato per trarne una trasposizione animata, anche per Earwig e la Strega il racconto non è un originale Ghibli, bensì un adattamento del romanzo fantasy dell'acclamata autrice britannica per ragazzi Diana Wynne Jones, il cui libro Il Castello Errante di Howl aveva segnato la prima felicissima collaborazione con lo Studio, per una pellicola la cui fama ha fatto il giro del mondo.
Nel caso di Earwig e la Strega, la Wynne Jones non può nemmeno vederne l'uscita nelle librerie inglesi nell'aprile 2011, poiché la donna scompare appena qualche giorno prima, il 26 marzo, dopo una malattia durata due anni.
Quanto a Gorō Miyazaki, invece, l'idea nasce dietro il consiglio del padre Hayao e del produttore Toshio Suzuki di realizzarne un adattamento cinematografico per lo Studio: il carattere forte e diretto di Earwig suscita le simpatie del figlio di Miyazaki, ed è così che dopo il lavoro sulla computer grafica in cel-shading svolto presso uno studio esterno per la serie Sanzoku no Musume Ronja (Ronja, la figlia del brigante), Gorō opta di proseguire gli studi e le sperimentazioni in tal senso avviando una pellicola interamente in 3DCG.
Per uno Studio i cui lavori d'animazione erano fermi da almeno tre anni, dopo l'uscita di Quando c'era Marnie, si tratta di una decisione ambiziosa, presa in piena coscienza: si pensa al pubblico di riferimento cui il film si sarebbe rivolto in Giappone, il tutto anche grazie all'importante partner di servizio pubblico NHK, con cui lo Studio Ghibli si interfaccia qui per la prima volta dopo le consuete collaborazioni con la rete NTV.
Earwig e la Strega è il secondo film televisivo prodotto dallo Studio Ghibli dopo Si sente il mare del 1993, e la mutazione stilistica si fa figlia dei rispettivi tempi. La stessa NHK, di recente, intende vocarsi sempre più spesso su progetti che possano essere validi per il duplice fronte televisivo e cinematografico, per tramite di produzioni sia animate che dal vivo in 4K; basti ricordare a tal proposito la pellicola Wife of a Spy, insignita del Leone d'Argento per la Miglior Regia all'ultima edizione del Festival del Cinema di Venezia, o il film Taiyō no Kō: Gift of Fire sul tema del nucleare in arrivo nei cinema nipponici ad agosto.
 
earwig casa


Attraverso l'animazione in CG di Earwig lo Studio Ghibli non mira a raggiungere l'obiettivo del perfetto foto-realismo, e cerca invece di "affrontare nuove sfide rimanendo fedele a sè stesso, indipendentemente dall'utilizzo dell'animazione a mano", come suggerisce e si auspica lo stesso Gorō. Se la sfida si esplica nel perfezionare appieno la grafica 3D, probabilmente l'obiettivo è lungi dal ritenersi conquistato perché ciò che si vede in Earwig è un utilizzo basilare di tale tecnica che serve prettamente per essere funzionale al racconto di una storia, ma che è lontano dal poter essere ricordato come esteticamente accattivante o memorabile.
Anche così, tuttavia, la grafica 3D per certi versi richiama il consueto stile Ghibli al character design di Katsuya Kondō (Kiki consegne a domicilio, Pioggia di ricordi, Ponyo sulla scogliera, Si sente il mare), così che sarà arduo non riconoscerne il tipico tratto, né si potrà mancare di notare quel peculiare gusto nel ritrarre personaggi simpaticamente grotteschi e nell'accentuarne determinate caratteristiche fisiche.

Più accattivante è il comparto della fotografia e degli ambienti, in particolare all'interno della stanza laboratorio di Bella Yaga, la quale ha richiesto un intero anno di lavoro di una persona appositamente dedicata: in questo luogo, vero cuore del film, si ritrova pulsare quel caotico disordine degli ambienti chiusi che popola la quasi interezza delle pellicole ghibliane, quasi in opposizione alla limpidezza e alla pulizia degli sfondi su spazi aperti, e in tal senso Earwig non vi fa eccezione.
Nell' "antro", all'interno di una comune casa inglese come tante, Earwig prende coscienza dei propri compiti di fatica nell'assistere Bella Yaga, e qui insiste ripetutamente per essere edotta anch'essa all'utilizzo degli incantesimi, avviando uno scontro che prima che sulle abilità gioca interamente sulla cocciutaggine. La ragazzina non è certo abituata a soccombere, ma d'altro canto la magia non è qualcosa che si possa soggiogare facendo leva sulle parole... o forse sì?
 
"La magia ha una puzza tremenda"
- Earwig - 
 
Earwig-stanza-pozioni


La storia della Wynne Jones, un libriccino per ragazzi di appena un centinaio di pagine pubblicato anche in Italia da Salani nel 2017 e di recente ristampato in occasione dell'arrivo del film animato, sembra un vaso di Pandora perennemente in procinto di essere scoperchiato; durante gli ottantacinque minuti della proiezione, tuttavia, ogni curiosità sollevata sui misteri accennati viene proposta ripetutamente, ma senza venire sopita né soddisfatta appieno.
La sensazione è quella di un film gradevole a vedersi ma poco mirabolante, capace di presentare sprazzi di vivacità in una commedia dal taglio prettamente slice-of-life ma senza innescare per davvero le scintille; quasi come a voler condurre lo spettatore verso un determinato sentiero per poi lasciarlo lì da solo, nel bel mezzo della strada, senza ulteriori indicazioni.
Difficile incolpare interamente la sceneggiatura di Keiko Niwa, che se già aveva lavorato con Miyazaki junior ne I racconti di Terramare, tiepidamente accolto, aveva firmato in seguito anche Arrietty, il premiato La Collina dei Papaveri e Quando c'era Marnie. Impossibile al contempo non chiedersi se e quanto la storia sia fedele o diverga dal racconto della Wynne Jones, e se determinate lacune non rispondano magari al preciso intento di non osare discostarsene troppo, a differenza di quanto fatto da Miyazaki padre con Howl; ricordiamo quanto la Wynne Jones sia un'autrice prolifica e amata, premiata con il World Fantasy Award alla carriera nel 2007 e formatasi anche attraverso le lezioni che a Oxford avevano tenuto maestri del calibro di J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis.
 
"Mi fa sentire come quando mi accarezzano contropelo"
- Thomas -

Il fronte dei personaggi soffre di simili difficoltà: indubbiamente il carattere sfrontato e la natura manipolatrice di Earwig segnano un'atipicità rispetto alle precedenti eroine Ghibli, ma per la medesima ragione la sua figura così schietta e fiera potrebbe non riscuotere un ampio apprezzamento tra il pubblico, tanto più che il suo pragmatismo accoglie quasi senza visibilio l'idea dell'ingresso della magia nella sua vita; è curioso riflettere tuttavia come il suo atteggiamento, quand'anche non piacevole, si rivela estremamente moderno e perfettamente calato anche nel contesto dell'attuale quotidianità.
L'animo furbo di Earwig è rivelatore infatti di un'intera giovane generazione odierna, connotata di grande intelligenza e della volontà di farsi in fretta adulti pensanti, ma permeata anche dal sibillino sentore che proprio dagli adulti di buono da imparare non vi sia granché; l'idea che passa è che sia sempre preferibile fare da sé, senza guida né riferimenti, senza alcuna propedeutica all'ascolto dell'insegnamento.
Più lineari, paradossalmente, risultano le eccentriche figure di Bella Yaga e di Mandragora, magistralmente interpretate sia in lingua giapponese che in italiano da voci d'eccezione: sulla strega, la voce dell'attrice Shinobu Terajima (Ryōmaden) diviene nel nostro idioma quella di Daniela Calò, tronfia ed imponente al punto giusto, mentre il tono profondo e signorile di Etsushi Toyokawa (20th Century Boys, Un marzo da Leoni) sul lugubre Mandragora gode in italiano della superba interpretazione di Pino Insegno.
I due personaggi incuriosiscono ed intrattengono il giusto, benché si abbia al contempo la sensazione che lo screentime su di loro sia ingiusto e inadeguatamente ridotto.
 
earwig spanky mrs green apple
 
 
Se la soddisfazione offerta dalla storia è quindi traballante, due aspetti del film ne nobilitano l'assistervi, ovvero il comparto sonoro e l'adattamento nostrano: come già fa intuire la locandina, la magia spartisce la scena con un apprezzabile risvolto musicale. La colonna sonora composta da Satoshi Takebe, che già aveva collaborato proprio con Gorō Miyazaki ne La Collina dei papaveri, sfrutta qui arie talora folk che ben si adattano al contesto del rustico sfondo inglese presso cui è ambientata la pellicola. A dominare la scena per davvero, però, sono le sonorità rock di "Don't Disturb Me," tema portante che riecheggia non senza motivo nell'intero corso del film, e che ci si ritroverà a canticchiare anche senza volerlo, proprio come Earwig.
A comporre le liriche di questa canzone, dell'energico tema di apertura e della bella sigla finale, figura lo stesso figlio di Miyazaki in team con Sakebe alla tastiera, affiancati da un trio di artisti musicali quanto mai in voga in Giappone: la giappo-messicana Kavka Shishido è alla batteria e al suo fianco udiamo Hiroki Kamemoto del duo Glim Spanky (One Piece Film: Gold, Kyōkai no Rinne) alla chitarra e Kiyokazu Takano dei Mrs. Green Apple (Fire Force, Yu-Gi-Oh! Arc-V) al basso.

La voce di Sherina Munaf, doppiatrice nipponica della mamma di Earwig, accompagna anche la citazionistica sigla finale "Atashi no Sekai Seifuku" (Il mondo nelle mie mani), corredata da una piacevolissima carrellata di illustrazioni fatte a mano che raccontano spaccati di vita successivi alla conclusione del film, e che non disdegnano un omaggio a Il Castello Errante di Howl che assume un gusto duplice.
Facile vedere poi un cortese omaggio ghibliano anche nel gatto nero Thomas che trotterella accanto a Earwig un po' come il Jiji della streghetta Kiki del miyazakiano Kiki, consegne a domicilio, ma non va dimenticato che i felini dal manto d'ebano godono da sempre di un rapporto a stretto contatto con le donne capaci di poteri magici.
 
earwig scopa


Una citazione all'animazione nell'animazione, che tuttavia potranno comprendere in questo caso unicamente i fan italiani, è la presenza nel cast della veterana direttrice di doppiaggio Liliana Sorrentino, già Pollon nella fortunatissima serie cult degli anni '80, che qui ritorna al doppiaggio in prima linea per prestare la propria voce alla materna direttrice dell'istituto St. Morwald.
L'edizione italiana e la sonorizzazione sono nel complesso a cura di Iyuno - SDI group (Rurouni Kenshin The Final): lo staff di doppiaggio diretto da Massimiliano Alto (Aladdin, Inuyasha, Code Geass) svolge un lavoro encomiabile nel restituire un film che dal punto di vista del sonoro scorre fluido e naturale, senza la benché minima pecca.
Si intuisce che la scelta delle voci passa da un'approvazione dello Studio Ghibli stesso, ma d'altronde la brava Ilaria Pellicone offre su Earwig un'interpretazione vocale non meno calzante di quella della giovane attrice nipponica Kokoro Hirasawa (Zenkai Girl, Nobunaga Concerto, Kuragehime), così come sul buon Thomas è molto apprezzabile la resa di Stefano Broccoletti, dopo la versione di Gaku Hamada (Nobunaga Concerto, Se i gatti scomparissero dal mondo, Miss Hokusai), e l'attrice Caterina Shulha per la mamma di Earwig sembra ricalcare le vocalità della Munaf di maniera pressoché identica.
 
e sono una strega


Potrebbe quasi suonare bizzarro che, questa volta, l'adattamento italiano risulti addirittura più fedele al testo della Wynne Jones dell'originale stesso giapponese. Il traduttore Francesco Nicodemo ha infatti rivelato che il titolo nipponico "Āya to Majo" deriva dalla particolarità del nome della protagonista, il quale reca un gioco di parole e assume un palese significato di 'manipolatrice'; come spesso accade nell'adattare testi di libri per ragazzi che portano di queste peculiari sfumature linguistiche, la traduttrice nipponica ha optato per restituire ad Earwig un nome che suonasse immediatamente riconoscibile nel suo significato anche per i bambini giapponesi, ed è così che la ragazzina diviene Āya Tsuru, dal verbo 'ayatsuru', ovvero manipolare o dirigere per l'appunto.
Quando i dialoghi del film giapponese sono approdati in Italia, si è inteso offrire un lavoro ai testi che andasse di concerto con quelli proposti dalla traduttrice Valentina Daniele di Salani nel libro: Earwig ritorna così al proprio nome originario, unitamente ai testi stessi del film che vanno di pari passo con quelli del libro.

"Doppiare un'opera implica necessariamente farvi danno, per questo un buon adattamento è quello che cerca di arrecare meno danni possibili," ama ribadire del proprio lavoro Massimiliano Alto.
Da questo punto di vista lo spettatore italiano non percepirà invero alcuno sfregio in Earwig e la Strega, mentre assai più facile è che il film manchi di soddisfare le attese eventualmente sotto altri punti di vista.
Entrato a far parte della selezione virtuale del festival di Cannes 2020 nella sezione 4 Animated Films, Earwig e la Strega brilla poco a confronto con i ben più acclamati titoli Ghibli che l'hanno preceduto, ma di contro ha il pregio di non pretendere di essere qualcosa di diverso da ciò che è, né della storia che traspone. Si tratta, soprattutto, di un prodotto che smuove lo Studio Ghibli da una sorta di impasse che poteva risultare pericolosa per il suo futuro.
Viene naturale chiedersi che diversa pellicola ne sarebbe potuta uscire se fosse stata concepita già inizialmente come lungometraggio per il cinema, o se la lavorazione si fosse presa qualche altro anno di tempo; in entrambi i casi, tuttavia, forse non ve n'era davvero l'intento in origine.
 
"Perché mi manda sempre dove ci sono le spine?"
- Earwig - 
 
earwig spine
Così come raccogliere rami e rovi spinosi è essenziale per procurare ingredienti per la buona riuscita degli incantesimi di Bella Yaga, allo stesso modo Earwig e la Strega nasce in 3DCG per muovere passi più azzardati, ma forse altrettanto fondamentali, per le creazioni di oggi e di domani dello Studio Ghibli.
E' una storia oltremodo basilare che difficilmente potrà stupire i più avvezzi a narrazioni stratificate, tanto nei temi indubbiamente non nuovi allo Studio, quanto nel dipanarsi di una trama che rimane parzialmente in sospeso. Non per questo il film è privo di cure ed attenzioni, in particolare palesando tramite alcuni aspetti il richiamo allo stile più classico dello Studio; una protagonista scaltra, un comparto musicale orecchiabile e una dedizione assoluta anche per quanto riguarda l'adattamento italiano, fanno di Earwig e la Strega un film minore ma a suo modo degno di nota.
Un'opera che ancora una volta rimarca quanto Gorō Miyazaki cerchi di battere una strada propria, in tutto e per tutto, ma senza mai uscire interamente dal seminato. D'altra parte papà Hayao Miyazaki è accreditato per la pianificazione e lo sviluppo del film, mentre la produzione è del co-fondatore dello Studio Toshio Suzuki: come a dire che l'approvazione, almeno dall'interno, c'è eccome.