RahXephon va in onda sulle televisioni giapponesi nella seconda metà di gennaio 2002 ed è subito un successo: vince l'Animation Kobe Award come migliore serie dell'anno e diventa un must per i fan del robotico. In Italia invece è meno fortunato, rimanendo coinvolto nel fallimento della Shin Vision, motivo per cui solo i primi sei episodi sono stati adattati e doppiati.
 

Il setting


È difficile parlare della storia di RahXephon senza fare spoiler, visto che tutto l'anime è costruito su una serie di misteri che vengono rivelati progressivamente. Per far capire il livello di cura che è stata dedicata alla sceneggiatura - e anche il livello di attenzione richiesta allo spettatore - dirò solo che il mistero più importante viene introdotto nei primi minuti del primo episodio e svelato nei titoli di coda del ventiseiesimo, mentre indizi preziosissimi per la sua risoluzione vengono sapientemente disseminati in corso d'opera. La tecnica di introdurre sempre nuovi misteri episodio dopo episodio e di svelarli a poco a poco, in secche battute in brevi illuminanti, rende la serie quasi intossicante ed è davvero difficile interromperne la visione per le classiche pause fisiologiche oltre che per mangiare e dormire(!)

Invece di parlare della trama, descriverò il setting della serie. Ci sono i Mu, una antica civiltà, che ha attaccato il genere umano e mira a sostituirsi ad esso. Più che invasori alieni, i Mu sembrano aver condiviso il mondo con gli umani da tempo immemorabile; qualche indizio - tra cui i colori intrecciati rosso e blu dell'insegna dei barbieri (!) - lascia intendere che il mondo venga ciclicamente distrutto e ricreato, alternando cicli a dominazione umana a cicli a dominazione Mu. I Mu sono identici agli esseri umani a parte il colore del sangue che è blu. La loro tecnica di conquista sembra quella di prendere il possesso del corpo degli umani, cosa che causa il cambiamento del colore del sangue, la perdita della memoria e l'imposizione di una personalità Mu sopra la preesistente personalità umana, che viene completamente cancellata. Questo avviene progressivamente, in un processo lento che richiede anni, senza che gli umani ne siano minimamente consapevoli, perché i Mu sono in grado di alterare sottilmente i ricordi ancora prima della sovra-impressione definitiva.
 

Ma i Mu sono davvero i "cattivi" del caso? Sono certamente astuti e manipolatori, ma gli umani non sono da meno e per tutto il corso della serie è veramente difficile per lo spettatore capire non solo chi siano i "buoni", ma anche chi è dalla parte di chi, perché esistono molte fazioni in campo, la Federazione terreste, l'organizzazioni militare TERRA, la misteriosissima Fondazione Bähbem, intrecciate in una serie di alleanze ambigue in cui ognuno persegue i propri interessi. Non è mai chiaro chi sia umano e chi sia Mu, anche perché è possibile avere il sangue rosso ma ciò nonostante possedere il marchio genetico dei Mu; inoltre il sangue può cambiare di colore in un secondo momento. Presunti alleati possono diventare peggiori nemici e personaggi agli antipodi possono avere legami di sangue inaspettati.

Il protagonista della serie è un diciassettenne di bella presenza, Ayato, un bravo figliolo che non farebbe male ad una mosca, vuol bene alla mamma e si diletta di pittura. Destino vuole che sia l'unico il grado di pilotare il robot titolare, Ma questa è una grossolana semplificazione: in realtà Ayato non è un ragazzo qualsiasi e RahXephon non è neppure un robot, quanto piuttosto un idolo in pietra animata, che riposa in un tempio ed esce da un uovo (!). E non si può usare la parola "pilotare" per descrivere il rapporto tra RahXephon e Ayato, che risulta essere molto più intimo. Lo spettatore è portato a domandarsi perché il robot risponda alle emozioni del protagonista, perché entri in uno stato di pietrificazione se Ayato si deprime, perché a volte si muova da solo, ma soprattutto non è chiaro dove finisca Ayato e dove inizi RahXephon. E il (non) robot è solo uno dei misteri.
 

Chi sono i molti ambigui personaggi che appaiono nel corso della serie, prima fra tutte la ragazza del quadro che Ayato sta dipingendo, che forse era una sua compagna di classe, che forse si chiamava Reika Mishima, che apparentemente è in grado di evocare RahXephon con un canto mistico, che apparentemente muore nel primo episodio eppure ricompare dopo poche puntate, che risponde anche al nome di Ixtli e che non sembra essere neppure umana? Oppure che dire della giovane Quon, che Ayato incontra nel quarto episodio e che forse non è giovane come sembra, che condivide con il protagonista degli strani disegni sul ventre che sembrano graffiti tipici delle civiltà precolombiane, che ha ambigui rapporti sia con lo scienziato con cui vive, che viene spacciato per suo fratello, sia con il comandante di TERRA?

E così potrei andare avanti per ore, il nutrito cast presenta un gran numero di comprimari e ognuno sembra nascondere qualche segreto e avere una propria misteriosa agenda: se c'è una verità in RahXephon è che nulla è come appare. Una madre può non essere una vera madre, un perfetto sconosciuto può essere il tuo parente più stretto, padri, nonni, cugine si rivelano progressivamente e sembra che tutti si conoscano da molto più tempo di quanto sia possibile.

In RahXephon non solo il mondo non è quello che il protagonista pensa, ma anche il concetto stesso di tempo è relativo. Il tempo non scorre nello stesso modo dappertutto, né per tutti: e tutto è possibile in un mondo in cui antiche dee camminano sotto forma di ragazze, città sospese riempiono i cieli ed esseri giganteschi combattono a suon di musica.
 

Gli autori


Soggetto, regia, storyboard e sceneggiatura di RahXephon sono opera di Yutaka Izubuchi, uno dei grandi dell'animazione giapponese, famoso soprattutto come mecha designer, avendo lavorato a serie come Daimos, Daltanious, Ideon, God Sigma, Daiouja, Xabungle, Dunbine, Galient, Gundam ZZ, Patlabor, il film di Macross e tante altre. Sorprendentemente il mecha design di RahXephon - esteticamente io dei migliori robot di tutti i tempi, almeno a parere di chi scrive - non è attribuito a Izubuchi, bensì ai suoi collaboratori Michiaki Sato e Yoshinori Sayama. Dubito però Izubuchi non abbia messo lo zampino anche in quello...

Come dichiarato espressamente in più interviste, l'intento di Yutaka Izubuchi con RahXephon è stato quello di prendere gli stilemi del robotico più classico e di adattarli al nuovo millennio. In questo riesce meravigliosamente e RahXephon è un esempio da manuale di come sia possibile scrivere una storia con il mostro della settimana per un pubblico adulto e sofisticato. Peccato che questo esempio non sia stato seguito e che in questi anni il genere robotico si sia involuto: al giorno d'oggi è ben lontano dai livelli di sofisticazione e anche ambizione che aveva vent'anni fa. Ma tant'è.

Nel 2002 Izubuchi aveva già 24 anni di esperienza nel campo, conosceva bene ed era amico di Yoshiyuki Tomino, Ryosuke Takahashi e Hideaki Anno. Ce lo possiamo figurare mentre dice a se stesso "se l'hanno fatto loro, posso farlo anch'io!" E così fa infatti. Izubuchi di per sé non è un regista, RahXephon è la sua prima volta, ma ha l'accortezza di circondarsi di sceneggiatori competentissimi a cui affida la gestione dei singoli episodi.
 

Per esempio il famoso Chiaki Konaka (conosciuto per Digimon Tamers e Lain) scrive ben sei episodi; Konaka tra l'altro aveva appena sceneggiato due anime apocalittici, Devil Lady nel 1998 e Big O nel 1999, entrambe opere sofisticate e complesse, con angeli, perdite di memoria, cospirazioni, visioni oniriche e tutto l'armamentario del post-Evangelion. Non sorprenderà nessuno che tra gli episodi di Konaka ci sia quello più onirico di tutti, l'episodio 11, intitolato "Nightmare" e che costituisce di fatto un incubo erotico in cui tutte le donne che circondano il protagonista cercando di circuirlo. Ma Ayato, al contrario di uno Shinji Ikari, non si fa ingannare.

Altri cinque episodi di RahXephon sono stati sceneggiati da Hiroshi Onogi (un altro autore di grande esperienza che ha lavorato a moltissime serie, tra cui potremmo ricordare Aquarion, Full Metal Alchemist, Eureka Seven ed altre) che poi scriverà anche le light novel della serie. Cinque episodi sono stati sceneggiati da Ichiro Okouchi (anche lui attivo in tante serie famose tra cui Code Geass, King Gainer, Planetes). Gli storyboard dell'episodio 9 sono stati realizzate dallo Shoji Kawamori di Macross. Va dato atto a Izubichi che nonostante molte mani abbiano lavorato a RahXephon, i vari episodi presentano una coesione fortissima e davvero l'opera sembra frutto di un'unica mente che sa perfettamente quello che fa. Si vede che aveva fatto tesoro dei suoi anni di esperienza nell'ambiente. Mi piacerebbe davvero vedere qualche altra sua regia, ma sfortunatemente non risulta che lavori molto di questi tempi.

Merita un plauso il character designer Akihiro Yamada, non molto noto e non molto prolifico, che però in RahXephon ha dato una prova artistica di altissimo livello, che si può descrivere con una sola parola: eleganza. Del resto tutta la serie trabocca di stile ed eleganza, non solo per quanto riguarda i personaggi ma anche i mecha, gli sfondi, le architetture, le musiche, i rimandi alla pittura e simbolismo: RahXephon è davvero una gioia per gli occhi.

Infine non si possono non citare le musiche, sempre curatissime e di grande qualità. La opening è nientedimeno che di Yoko Kanno e la colonna sonora della bravissima Ichiko Hashimoto. La musica è un aspetto fondamentale di RahXephon, visto che lo stesso robot titolare è un realtà uno strumento musicale e il pilota è in realtà il suo strumentista: il loro scopo predestinato è quello di "accordare il mondo". Con queste premesse, è indispensabile una colonna sonora impeccabile e quella di RahXephon è più che all'altezza.
 

Gli anni dell'Eva-impact


RahXephon non è una di quelle serie dirompenti che hanno cambiato la storia, ma costituisce comunque un gioiello stilistico e un perfetto rappresentante del periodo post-Evangelion, anni in cui l'anime robotico passa alla maturità stilistica e concettuale. Da genere rivolto principalmente ai bambini e agli appassionati di modellini, in quegli anni improvvisamente il robotico diventa sofisticato, al limite del cervellotico, con trame complesse, piene di intrighi, misteri e complotti vari, e con livelli di introspezione psicologica dei personaggi mai visti prima.

Ci vuole qualche anno perché la rivoluzione Evangelion prenda piede, perché bisogna attendere il trionfo al botteghino del film The End of Evangelion, uscito nel 1997. Del resto si sa che gli anime sono prodotti commerciali. Hanno impatto se fanno guadagnare. Non è infrequente per un anime rivoluzionario fallire come serie TV e riscattarsi al cinema. Questo era già successo nel 1974 con la serie della corazzata Yamato, riscattata dal film del 1977, che all'epoca divenne il film più visto della storia del cinema giapponese. Guarda caso, da allora in poi più o meno tutti gli anime robotici la base terrestre a un certo punto si trasforma in astronave spaziale portando la guerra nello spazio; addirittura, nelle serie successive la storia si svolge completamente nello spazio. Lo spesso si può dire di Gundam: la serie TV viene chiusa prematuramente per insuccesso di pubblico ma due anni dopo il film trionfa al cinema e da allora in poi tutti i robotici assumono caratteristiche tipiche di Gundam.

Questo succede per la terza volta anche con Evangelion; dopo il film, più o meno tutti gli anime robotici (e anche qualche anime non robotico) mutuano gli stilemi di Evangelion, in maniera più o meno pesante: di quelli anni ricordiamo titoli come Brain Powered e Gasaraki nel 1998, Betterman, Turn A Gundam, Infinite Ryvius e The Big O nel 1999, Argento Soma nel 2000, Earth Girl Arjuna nel 2001, Overman King Gainer e RahXephon nel 2002, Fafner - Dead Aggressor nel 2004, Aquarion e Eureka Seven nel 2005, Zegapain nel 2006, Bokurano nel 2007. Per almeno un decennio l'influsso di Evangelion ha dominato il genere, non solo nei titoli maggiori e meglio riusciti, ma anche su titoli spazzatura come Devadasy del 2000 e Mars of Destruction del 2005. Davvero un impatto apocalittico, anche superiore a quello avuto da Gundam negli anni ottanta, che pure era riuscito a spazzare via quasi completamente il super robot tradizionale.
 

Molti cultori del robotico - e anche chi scrive - considerano il post-Evangelion l'epoca migliore nella storia del genere, un periodo d'oro in cui ogni anno venivano realizzate serie di qualità tecnica e stilistica incredibili, mai più superate. In quegli anni a cavallo del millennio autori eccezionali era riusciti a prendere le intuizioni brillanti ma semplici degli anni settanta e a trasformarle in opere davvero mature e sofisticate. Per esempio si sa come Evangelion peschi a piene mani dalle opere di Go Nagai e Yoshiyuki Tomino, come sempre ammesso dallo stesso Hideaki Anno, specialmente Devilman e Ideon; lo stesso fa RahXephon.

Mille e non più mille


Chi ricorda gli anni dal 1999 al 2001 ricorda le assurdità che circolavano, come per esempio il terrore del Millennium Bug che avrebbe dovuto devastare i nostri sistemi informatici e che ebbe in realtà un effetto nullo. Oppure l'idea che l'espressione medioevale "mille e non più mille" andava interpretata nel senso che non era possibile aggiungere 1000 a 1000 e che nell'anno 2000 ci sarebbe stata la fine del mondo. Oppure che la fine del mondo sarebbe stata nel 2012, anno in cui finiva il calendario Maya (quest'ultima cosa è rilevante in RahXephon). Ovviamente erano panzane, ben pochi credevano alla fine del mondo, ma un po' dappertutto si respirava un'atmosfera di cambiamento, dopotutto stava finendo il millennio, succede una volta ogni mille anni, stiamo per entrare in una nuova era! Insomma, erano gli anni giusti per il genere apocalittico e per il successo di opera innovative e di rottura con il passato.

Va detto che Evangelion non ha inventato il genere apocalittico. Per gli appassionati di manga e anime quando si parla di apocalisse si parla di Devilman (1972). Da lì è derivato Evangelion, da lì nasce l'immaginifico angelico, le ali, le piume, i demoni, tutte cose che poi abbiamo visto anche in RahXephon, Aquarion e tanti altri anime di quegli anni. Il design di RahXephon, con le ali alle tempie, è di evidente derivazione nagaiana (pensate all'arpia Silen, alle molte ali di Satana), specialmente nella sua forma finale e definitiva.
 

Ma Go Nagai non è stato l'unico autore del genere apocalittico, inteso strettamente come storia in cui il mondo finisce e letteralmente "muoiono tutti". Per quanto riguarda il genere robotico abbiamo ben due autori che nello stesso anno 1980 affrontano il tema in maniera del tutto indipendente: Yoshiyuki Tomino con Ideon e Akiyoshi Sakai con Baldios. Entrambe le serie falliscono miseramente in televisione e vengono cancellate prima della fine. A differenza della serie che fanno la storia. falliscono anche al cinema, nel senso che i film conclusivi (quello di Baldios esce nel 1981, quello di Ideon nel 1982), per quanto amati visceralmente da pochi fan, non sbancano il botteghino e l'impatto sulle opere immediatamente successive è nullo. Bisognerà aspettare 15 anni perché almeno Ideon abbia un impatto, e anche questo solo indiretto, tramite The End of Evangelion che lo omaggia fortemente. Baldios, a tutt'oggi non ha lasciato eredi, probabilmente per il finale assurdamente tragico e definitivo che non lasciava adito a nessuno sviluppo ulteriore.

Ideon invece ha varie caratteristiche che lo rendono più appetibile al pubblico e che lasciano più spazio di manovra agli autori, caratteristiche di cui Anno si approprierà e che diventeranno tipiche del robotico post-Evangelion:
 
  1. il robot è antico e misterioso, in qualche modo autocosciente e dotato di poteri inconcepibili e quasi divini: soprattutto, il robot è pericoloso e inquietante
  2. il finale non è perfettamente chiaro e si presta a interpretazioni
  3. la serie è di respiro cosmico, con un forte impatto visivo, in grado di solleticare l'immaginazione dello spettatore.
Ideon aveva tutte le carte per sfondare, eccetto per un motivo: l'età anagrafica dello spettatore medio del robotico nel 1980 era sotto i 13 anni. In presenza di tematiche troppo complesse e soprattutto di modellini troppo brutti un successo di massa era impossibile.
 

Nel 1997 Anno non ha il problema dell'età anagrafica degli spettatori, che si è di molto innalzata rispetto al passato, né dei modellini brutti perché il mecha design di Evangelion è di altissimo livello, tanto è vero che ha guadagnato miliardi di yen vendendo action figures e gadget vari. L'impatto visivo poi è stratosferico grazie alla forte infusione di immaginifico nagaiano e le musiche sono di livello eccelso; tutto questo senza parlare degli aspetti psicologici che hanno fatto breccia nel cuore del pubblico della fine degli anni novanta.

Non sorprende dunque il proliferare di opere basate sugli stessi ingredienti. In relazione a RahXephon non si può non citare il Gasaraki di Ryosuke Takahashi, altro robotico apocalittico con una importantissima componente sentimentale, che Yutaka Izubuchi conosceva benissimo avendo lavorato al mecha design dei Tactical Armor. Ma si potrebbe citare anche il Brain Powered di Tomino che ha atmosfere all'Evangelion e un tipico tema tominiano, quello del rapporto con la madre, da cui RahXephon attinge. Sempre nello stesso anno 1998 esce Devil Lady, rifacimento al femminile di Devilman, sceneggiata sempre da Chiaki Konaka e che quindi va citato anche se non è un robotico in senso stretto, ma del resto neppure RahXephon è un robot.

Un robotico sentimentale


Considerare RahXephon soltanto come un anime apocalittico sarebbe un grave errore. Detto con una frase a effetto, RahXephon è un anime che prende la forma di Raideen, la vernicia con molte mani di Evangelion e ci mette dentro un cuore. E il suo cuore, la parte più importante, è quello di un robotico sentimentale.
 

Il filone sentimentale del robotico è vecchio quanto il genere stesso, sempre presente sotto la superficie degli sgargianti combattimenti. Farne la storia sarebbe un'impresa meritoria ma lunga e complessa. Ci limiteremo a qualche accenno. Nei robotici nagaiani, la storia sentimentale prendeva sempre la stessa forma: un personaggio femminile, inizialmente dalla parte dei nemici, si innamorava (non corrisposta) del protagonista maschile, si ribellava e finiva sempre uccisa. Sono storie che abbiamo visto innumerevole volte fin dai tempi di Mazinga Z, con personaggi come Minerva X o Erica, il cyborg dell'episodio 67. In Italia non poca parte del successo di Goldrake era dovuto alle storie sentimentali tragiche che presentava. RahXephon omaggia questa tradizione nel bellissimo episodio 19La tradizione è continuata anche nei robotici non direttamente nagaiani, con qualche evoluzione: per esempio nei robotici di Tadao Nagahama la storia d'amore tragica era spesso e volentieri tra i nemici e quindi finiva con la morte di entrambi. La doppia morte degli amanti non manca certamente in RahXephonTomino aggiunse al classico canovaccio l'idea della storia d'amore tra il protagonista e una donna più grande di lui, idea cardine anche in RahXephon. La vediamo già in Gundam, ma è tipica di Tomino, e si trova anche in opere non dirette ma soltanto sceneggiate da lui, come Vifan. La storia finisce normalmente con la morte di lei. Macross è il primo robotico a portare un filo di speranza, motivo per cui a volte le storie d'amore tra nemici possono anche avere un lieto fine, e il protagonista, se anche non finisce con il suo primo amore può essere comunque felice con un'altra. Sono innovazioni degli anni ottanta, che però RahXephon sapientemente rigetta per tutta la serie (se ignorate gli ultimi tre minuti dell'ultimo episodio) aderendo rigorosamente al registro tragico della vecchia scuola.

Tanto per dare un breve estratto delle storie sentimentali presenti nella serie (non esaustivo):
 
  • lei ama lui ma lui ama la migliore amica di lei e non c'è speranza
  • lei ama lui ma lui ama la sorella maggiore di lei e non c'è speranza
  • lui ama lei, ma lei ama il fratello maggiore di lui e non c'è speranza
  • lei ama lui, ma lui non la ama e lei va a letto con il nemico ma poi si pente
  • lei ama lui ma lui ama un'altra e lei muore involontariamente uccisa da lui
  • lui ama lei ma lei ama il migliore amico di lui che la uccide; lui cerca la vendetta ma viene ucciso anche lui
  • lei ama lui e lui ama lei, lei è incinta e sembra tutto perfetto ma c'è la guerra e lui muore
  • lei ama lui ma lui ama un'altra e lei uccide lui e poi si suicida
 

Insomma, drammi e tristezza a palate, secondo la migliore tradizione, almeno in superficie. Ma anche questo è solo apparenza perché negli tre minuti RahXephon va oltre tutto ciò e diventa una serie romantica e semplicissima da capire:
 
  • lei ama lui e nonostante quindici anni di separazione e infinite difficoltà continua ad amarlo; lui ama lei e nonostante quindici anni di separazione e infinite difficoltà continua ad amarla. Fine.
Tutto il resto è un sapientissimo gioco di inganni e fumo negli occhi dello spettatore.

Oltre la fine del mondo [spoiler alert!]


Per 25 episodi e per 20 minuti del 26esimo e ultimo episodio RahXephon è un robotico apocalittico che ci porta fino alla fine del mondo, con un body count altissimo, uno stillicidio di morti tra gli amici e conoscenti del protagonista sparso in decine di puntate, fino al punto in cui RahXephon letteralmente distrugge il mondo e uccide TUTTI.

Poi, negli ultimi 3 minuti e nei titoli di coda, RahXephon va oltre.

E sono questi ultimi 3 minuti che lo elevano da tipico rappresentate del period post-Eva a opera originale in grado di camminare sulle sue gambe, indipendente da tutto quello che lo ha preceduto, sia Devilman, Ideon, Evangelion, Gasaraki, Big O o altro. In questi ultimi tre impossibili minuti RahXephon riesce a trasformare il finale apocalittico in un lieto fine, e riesce a farlo credibilmente, con uno dei finali migliori di tutta la storia dell'animazione giapponese.

Tutto ciò è frutto di una perizia davvero impressionante, perché indizi sulla rivelazioni finale sono disseminati in tutta l'opera fin dai primi minuto, a partire dall'onnipresente ritratto di Mishima, la ragazza del mistero con il vestito giallo che guarda il mare. La maestria nel disseminare gli indizi e nel velarli con un certosino gioco di fumo e specchi è tale che nel mezzo della serie il regista può permettersi di spiattellare la verità allo spettatore senza che venga capita. Mi riferisco alla parte in cui Mishima compare nella base di Terra e dichiara a gran voce davanti a tutti "io sono ...", ovvero la rivelazione finale della serie, eppure lo spettatore è messo nella condizione di non capirla. È soltanto nell'ultimissimo minuto dell'ultimo episodio, secondi prima dei titoli di coda che tutto viene rivelato senza ambiguità e lo spettatore viene finalmente soddisfatto. Un vero colpo da maestro.
 

Incidentalmente, qualche anno dopo, nel 2007, apparirà ancora un altro remake di Raideen, anche questo sentimentale, anche questo con un robot divino e anche questo con un ottimo finale, un buon compagno per chi ha amato RahXephon. Il Reideen del 2007 ha anche il vantaggio di essere lontano temporalmente da Evangelion e quindi molto meno influenzato da questo, molto più solare e molto più comprensibile. Non perdetevi un altro ottimo finale, da un lato di pura azione, quando Raideen impugna una spada lunga migliaia di chilometri e in grado di tagliare in due la luna e dall'altro lato di puro sentimento, quando (durante i titoli di coda, come in RahXephon) il protagonista trova l'amore che gli è destinato fin dall'inizio.

È il sorprendente lieto fine che rende RahXephon diversissimo da Evangelion, ragione per cui è molto probabile che chi ama Evangelion detesti RahXephon e viceversa. Nonostante i vari problemi, i personaggi di RahXephon sono semplici, nella maggior parte sono delle brave persone, romanticamente un po' ingenue, in cui è anche facile riconoscersi. Emblematico è l'episodio onirico numero 11, quello che può ricordare Evangelion, soprattutto nelle tensioni sessuali, tentazioni contro cui Shinji non avrebbe potuto resistere mentre Ayato è in grado di superare. Evidentemente avere una madre distante e manipolatrice affligge meno la psiche maschile dell'avere Gendo Ikari come padre. Ma va detto che nel finale anche la madre di Ayato si redime.

Insomma RahXephon è un'Evangelion pensato per persone sane e senza troppi problemi psicologici, quindi NON è un Evangelion. Lo potete tranquillamente vedere anche se siete dei detrattori di Eva.
 

Virtuosismi


Evangelion ha iniziato la moda dei virtuosimi nell'anime robotico, e RahXephon ne segue l'esempio. Come in Eva, ogni puntata presenta un doppio titolo giapponese/inglese già in originale. I titoli inglesi, pur essendo perfette descrizioni del contenuto della puntata, sono spesso e volentieri anche citazioni a famose canzoni oppure a romanzi di fantascienza. Per esempio l'episodio 15, uno dei migliori e più importanti di tutta la serie s'intitola "Childhood's End", quotando il romanzo di A. C. Clarke. L'episodio finale si intitola "Time enough for Love", dal romanzo di Robert Heinlein da noi conosciuto come "Lazarus Long, l'immortale". Due titoli sono riferimenti a favole, occidentali ("The Sleeping Beauty") o giapponesi ("The Moon Princess"). Nel terzo episodio vediamo trascinata dal vento la locandina del film di fantascienza giapponese "Bye Bye Jupiter", del 1984. Il classico racconto di fantascienza "The Dandelion Girl" di Robert F. Young, pubblicato negli Stati Uniti nel 1961 e molto famoso in Giappone, viene accreditato come fonte di ispirazione dallo stesso Izubuchi. E ci sono molte altre citazioni che non cito o per brevità o perché non le ho riconosciute.

L'opera è anche carica di simbolismi associati alle ali, alle piume, agli angeli. L'uccellino azzurro Michiru (il nome giapponese di Mytil, l'uccellino dell'opera teatrale di Maeterlinck, molto citata negli anime, a partire dalla serie del 1980 con chara design di Leij Matsumoto) appare in un gran numero di puntate, associato a Quon ma anche alla figlia del comandante Jin, morta tragicamente. È associato anche allo stesso Ayato: quando nell'ultima puntata l'uccellino viene liberato dalla sua gabbia, significativamente Ayato riacquista la sua memoria e si libera dal condizionamento Mu.

RahXephon è virtuoso anche nelle sue citazioni scientifiche, sfruttando abilmente il fenomeno della dilatazione dei tempi propria della relatività generale ai fini della trama, e impiegando termini come "tensore di Weyl" e "tensore di Minkowsky", che è davvero difficile sentire fuori dell'ambiente degli esperti di geometria differenziale. Congratulazioni!
 

RahXephon è virtuoso nel trattare il tema classico delle antiche civiltà, presente nel robotico fin dai primordi: ricordiamo che il Dottor Hell in Mazinga Z aveva scoperto la tecnologia per creare robot giganti studiando la civiltà micenea sull'isola di Rodi (riferimento al colosso di Rodi, costruito nel 293 avanti Cristo)! Nel Raideen del 1975 l'antica civiltà dei Mu è un riferimento ai libri di James Churchward che ebbero grosso successo in Giappone (i Mu compaiono anche in Moby Dick 5, in Esteban e le misteriose città d'oro e altri). Robotici come Gaiking e Acrobunch erano tutti basati sull'archeologia, le civiltà precolombiane, le figure di Nazca etc. RahXephon segue la tradizione: il punto di forza non è l'originalità quanto la potenza grafica delle immagini. Diciamo la verità: i costumi dei Mu, le statue, i bassorilievi, i dolem, le città volanti sono davvero spettacolari e stilisticamente ineccepibili: per trent'anni sono stati realizzati anime sulle antiche civiltà, ma mai prima erano state raffigurate così magistralmente, proprio a livello visivo.

Altro virtuosismo è nei nomi dei Dolem, mostri della settimana, che in originale sono i seguenti: Allegretto, Fortissimo, Grave, Ritardando, Forzando, Sforzando, Larghetto, Vivace, Falsetto, Arpeggio, Alternate, Vibrato, Obbligato, Brillante, Largo. Sono tutti termini musicali - in italiano, come si conviene - perfettamente appropriati visto che l'apparato musicale delle serie è estremamente curato e importante nell'economia della serie, visto che il protagonista è uno strumentista, ovvero un musicista destinato ad accordatore il mondo.

I Dolem sono creature o non umanoidi o solo vagamente umanoidi che però presentano caratteristiche inquietanti come bocche (necessarie per cantare) o seni (se comandati a distanza da donne, come è quasi sempre il caso). I Dolem sono associati a doppio filo ai loro "piloti" e la distruzione del Dolem comporta la morte degli stessi. Lo stesso nome "Dolem" è un virtuosismo multiplo.

Dolem fa rima con Golem ed è un termine perfettamente corretto visto che nel corso della serie si scopre che i Dolem sono esseri artificiali creati da pietra e argilla. Questo è perfettamente consistente anche con l'origine dei mostri della settimana del Raideen del 1975, chiamati Bestie Fossili ed evocate direttamente dal Gran Sacerdote dei Mu, che invoca il Dio Barao chiedendogli di dare vita alla pietra. Ma non finisce qui. Il giapponese non distingue la "L" dalla "R", quindi "Dolem" si legge anche "Dorem" e corrisponde alle prime tre lettere musicali in italiano, Do, Re, Mi. E non è ancora abbastanza. I Dolem non sono gli unici esseri artificiali creati dai Mu; ci sono anche i cosiddetti Designed Children, esseri umani clonati da uno stesso stampo che si ripetono nelle generazioni e nei secoli. E infine la lettera "D" non è apposta a caso: è anche l'abbreviazione di "Defective", visto che sia i Dolem sono difettosi rispetto al RahXephon, sia i Designed Children sono difettosi rispetto agli strumentisti. Tutto ciò viene presentato nella puntata capolavoro 15, realizzata quasi interamente da Mitsuo Iso, che poi diventerà il regista di Dennou Coil.
 

Punti di forza e punti deboli


Come si è detto i punti di forza di RahXephon stanno nella trama curatissima e piena di misteri, nella grafica e nelle musiche suggestive, ma anche nella grande attenzione rivolta ai personaggi. Seguendo la tradizione degli anni settanta, non pochi episodi sono dedicati ad approfondire il background di vari comprimari. Ne ho contati almeno otto e sono tutti di altissima qualità. Veniamo così a conoscere i drammi personali del comandante della base e di vari membri del personale scientifico e militare, dei compagni di classe di Ayato, oltre a scoprire chi siano suo padre, su fratello e la sua vera madre. La serie è riempita di dettagli significativi e davvero poco spazio è sprecato. Rimane poco chiara l'esistenza del gatto randagio Buchi, che appare in parecchie puntate ma non ha effetti rilevanti sulla trama, probabilmente aveva un suo perché ma la sua parte è stata tagliata per lasciare spazio a qualche dialogo esistenzialista.

In effetti se posso trovare un difetto in RahXephon è l'eccessivo innuendo a Evangelion, anche quando non sarebbe necessario. Per esempio, la maggior parte dell'ultimo episodio è speso in dialoghi esistenzialisti/metafisici tra Ayato e Quon in un'ambientazione onirica; dialoghi che potrebbero benissimo essere stati tagliati perché Ayato non è Shinji Ikari: di suo non ha nessunissimo problema esistenziale. il suo dramma è che un suo ricordo fondamentale è stato cancellato dai Mu. Una volta che riesce a recuperare quel ricordo, ritorna a essere completamente sé stesso e la serie finisce, non c'è più nulla da dire. Invece Shinji è esistenzialmente incompleto, nel suo caso il perdersi in dialoghi onirici ha senso, nel caso di Ayato molto di meno.

C'è anche una somiglianza di facciata tra il cast di RahXephon e quello di Evangelion (Misato Katsuragi -> Haruka Shitou, Genzo Ikari -> Maya Kamina, Rei Ayanami -> Quon, Sayoko Nanamori -> Ritsuko Akagi) ma ciò non dà problemi visto che tutti i personaggi evolvono in maniera del tutto diversa dai corrispettivi evangeliani. In RahXephon a un certo punto si scopre che il Vermillion, il "mecha" della Federazione alleato del protagonista, è in realtà un Dolem mascherato: questo è un palese rimando alle unità Eva, che sono esseri organici mascherati da robot. Non è una cattiva idea, ma è troppo derivativa, e inevitabilmente i fan di Evangelion sono portati a vedere RahXephon come una brutta copia, quando si tratta di serie agli antipodi. Non fatevi ingannare dalle somiglianze superficiali.
 

Per chi legge l'inglese, raccomando questo blog che analizza in grande dettaglio, quasi fotogramma per fotogramma, tutte ma proprio tutte le puntate di RahXephon.

RahXephon in altri media


Premettiamo subito che la serie TV di RahXephon è l'opera originale e definitiva e che tutto il derivato può benissimo non essere visto. Tuttavia, per completezza, val la pena di riportare qualche informazione sugli altri prodotti del brand. È anche importante segnalare che, per quanto Yutaka Izubuchi sia accreditato su tutti i prodotti secondo la consuetudine giapponese, di fatto si è occupato in prima persona solo della serie televisiva, dando carta bianca ai suoi collaboratori per tutto il resto, con la conseguenza che lo opere derivate non hanno (e non aspirano ad avere) consistenza con la serie.

Partiamo dal film del 2003, Pluralitas Concentio, che è un film di montaggio con però molte scene inedite e aggiunte significative sia all'inizio che alla fine. Vale la pena vederlo. Diretto da Tomoki Kyoda, presenta varie differenze rispetto alla serie, ottenute nella maggior parte dei casi semplicemente cambiando i dialoghi sulle scene originali, o rimontando opportunamente alcune immagini. Del resto la serie TV è ricca di ambiguità e un personaggio che è la madre di un altro può diventare facilmente il suo interesse amoroso cambiando soltanto una o due righe di dialogo. La cosa tutto sommato funziona, se si vede il film come un retelling e non si pretende la fedeltà, ma è una semplificazione che riduce la potenza della serie originale che rimane sempre ben superiore.

Il film è comunque raccomandabile perché le scene aggiuntive ci fanno vedere retroscena che nella serie sono solo accennati e fatti intuire, chiarendo anche alcune cose che erano rimaste oscure, tra cui anche il motivo per cui la madre del protagonista abbandona la Fondazione e crea Tokyo Jupiter. Al finale viene aggiunto anche un epilogo ambientato sessant'anni nel futuro, con Haruka ormai anziana: vedetelo. Raccomando però di non fare il grave errore di vedere il film senza conoscere la serie TV, che è un pre-requisito essenziale.
 

Esiste anche un videogioco di RahXephon, che non conosco e su cui non posso dire nulla. Posso però commentare sull'OAV Rah-Xephon Kansoukyoku: Thatness and Thereness, distributo in allegato al videogioco. Si tratta di soli 15 minuti di dialoghi metafisici di Quon con se stessa, che onestamente causano una sonnolenza estrema e andrebbero evitati come la peste. Tuttavia l'OAV è imprescindibile per una scena di due secondi (Quon che abbraccia due neonati) e la singola parola che chiude l'OAV, fondamentali conferme su quelli che sono i rapporti reali tra i personaggi come sono raccontati nella serie e mai mostrati direttamente. L'OAV quindi è canonico, mentre il film no, visto che contraddice completamente questa scomoda verità.

Esiste una light novel di RahXephon in vari volumi, scritta dallo sceneggiatore Hiroshi Ohnogi: non l'ho letta, ma non dubito che sia di qualità, viste le capacità dell'autore. Il manga invece, in tre volumi, l'ho letto ed è stato pubblicato anche in Italia dalla Panini. Evitatelo come la peste: disegnato da Takeaki Momose non ha NULLA del mood della serie TV. Un doujinshi pornografico sarebbe stato più onesto di quest'opera ecchi e del tutto insignificante che ignora completamente lo spessore dell'opera originale per far vedere delle ragazzine in mutande. In un'intervista Takeaki Momose ringrazia espressamente Izubuchi per avergli lasciato fare quello che voleva, ovvero un manga osé stupidino. Evidentemente a Izubuchi interessava solamente la serie TV.

Infine esiste un artbook, pubblicato anche in edizione inglese e intitolato RahXephon Bible. L'ho acquistato di seconda mano su Amazon e sto attendendo che mi arrivi. Ho alte aspettative.

Appendice: RahXephon vs Raideen


In questa appendice accenneremo al nonno di RahXephon, Yuusha Raideen, un classico super robot del 1975, il primo mai realizzato della Sunrise, diretto in parte da Tomino e in parte da Nagahama, ricordato come l'inventore del colpo finale, una serie che ne influenzerà moltissime altre.

Sfortunatamente per il pubblico italiano Raideen è stato l'unico super robot mai doppiato negli anni ottanta, anche se ne era stata realizzata una sigla dai fratelli Balestra e anche se i giocattoli erano arrivati. Per questo motivo è poco noto in Italia, ma fortunatamente adesso è reperibile essendo stato doppiato dalla Yamato Video per la prima volta nel 2017.
 

In Giappone Raideen è sempre stato amato enormemente, tanto che anche prima di RahXephon era già stato omaggiato da tutte le serie Yuusha (in onda dal 1990 al 1997) e da Raideen The Superior nel 1996. Quest'ultimo non è propriamente un anime robotico, piuttosto è un super sentai assimilabile a Sailor Moon con protagonisti bishonen: Raideen compare solo negli ultimi episodi come robot divino e nemico assoluto, ma fa decisamente la sua figura.

Da Raideen RahXephon prende le armi (la spada, lo scudo, l'arco, la voce divina), e l'aspetto generale, ma con enormi miglioramenti. Per esempio una caratteristica di Raideen era che il suo viso (Raideen è stato il primo robot con un viso!) poteva essere nascosto da due compartimenti mobili, sorta di visiera a chiusura verticale; in RahXephon la visiera è sostituita da due ali alle tempie di nagaiana memoria.

Da Raideen RahXephon prende anche molte idee, per esempio il fatto che il pilota entri nel robot attraverso un processo di smaterializzazione, il famoso Fade In (a dire il vero presente in forma embrionale anche in Astroganga). Prende anche l'idea di un protagonista mezzo-sangue, la cui madre è della stirpe dei Mu e il padre umano, idea presente in molti robotici del resto. RahXephon si prende anche delle libertà, visto che nel Raideen originale i Mu sono la razza antica che ha creato il robot, quindi i "buoni", mentre i nemici sono i demoni.

Le citazioni e rimandi sono comunque di facciata, perché mentre il Raideen originale era pensato per ragazzi dei primi anni delle elementari, RahXephon è pensato per giovani adulti, per il pubblico che aveva visto al cinema The End of Evangelion.